A esattamente 30 anni di distanza dall’ultima vittima (per così dire) “accertata” potrebbe presto riaprirsi il caso del cosiddetto mostro di Modena, un presunto serial killer mai veramente identificato che si suppone abbia mietuto tra le otto e le dieci vittime nel decennio tra il 1985 e il 1995: un caso che all’epoca destò non poca preoccupazione nei residenti del modenese, ma che poi è andato progressivamente a sgonfiarsi man mano che le indagini si incagliarono su di un binario morto.
Trent’anni dopo quei fatti, non abbiamo ancora alcuna reale certezza sul mostro di Modena, tra chi pensa che in realtà non si mai esistito e ascrive gli 8/10 omicidi a mani differenti e chi, invece, nota negli omicidi una sorta di pattern e un modus operandi ascrivibile a una sola persona; mentre di nomi, dai fascicoli di indagine originale, ne emersero di diversi poi tutti progressivamente archiviati per assenza di prove.
Complessivamente – dicevamo già prima – le vittime accertate e collegate al mostro di Modena sono almeno otto a partire da Giovanna Marchetti (morta nel 1985), per arrivare fino Monica Abate (uccisa nel 1995) passando per Donatella Guerra, Marina Balboni, Claudia Santachiara, Fabiana Zuccarini, Anna Bruzzese e Anna Maria Palermo; mentre resta incerto se anche gli omicidi di Filomena Gnasso e Antonietta Sottosanti possano essere imputabili al mostro di Modena.

L’istanza per riaprire il fascicolo sul mostro di Modena: lo strano omicidio di Anna Maria Palermo
A ipotizzare una possibile riapertura delle indagini sul mostro di Modena sono i parenti, i periti e i legali della famiglia di Anna Maria Palermo, da sempre convinti che il suo omicidio potrebbe essere collegato a un soggetto che gravitava attorno alla sua vita e non al presunto serial killer: la 20enne, infatti, fu uccisa con una brutalità che non fu riscontrata in tutti gli altri omicidi e non era neppure né una prostituta, né una tossicodipendente; vittime “predilette” del killer.
In ogni caso, se anche l’omicidio di Palermo fosse ascrivibile al mostro di Modena, è proprio il suo corpo a contenere il maggior numero di informazioni: in particolare, sulla scena furono trovate due siringhe contenenti sangue differente da quello della vittima, un fazzoletto sporco di rossetto di una marca diversa da quella che usava la 20enne e un sasso sporco da un solo lato di sangue (usato per ucciderla).
Secondo i legali della famiglia della presunta vittima del mostro di Modena, tutti quegli elementi potrebbero essere oggi – a distanza, appunto, di 30 anni – analizzati grazie alle più moderne tecniche scientifiche, restituendo esiti che erano del tutto impensabili nel 1995: dell’istanza di riapertura delle indagini si parla già dallo scorso giugno con i legali che – sulle pagine di Quotidiano Nazionale – si erano detti pronti a depositarlo; mentre l’ultima decisione spetterà al GIP.