Giampiero Mughini si scaglia contro Tomaso Montanari e prende le difese di Giampaolo Pansa, il giornalista morto pochi giorni fa noto per raccontato l’altro lato della medaglia: “il sangue dei vinti”, per citare il titolo del suo libro più famoso, versato nella guerra civile italiana dal 1943 al 1945. Rivolgendosi al sito di Roberto D’Agostino, Mughini scrive: “Caro Dago, era inevitabile che in morte di Giampaolo Pansa molti gli rimproverassero i libri da lui scritti nell’ultimo comparto della sua lunga vita professionale”. L’intellettuale, però, precisa: “Qualcuno ci è andato pesante in questi rimproveri, su tutti lo storico dell’arte Tomaso Montanari, al quale va il Premio Nobel della volgarità espressa contro Giampaolo, contro uno che non si poteva più difendere”. Mughini spiega quello che a suo dire è il nocciolo della questione: “Gli italiani che andavano alle presentazioni dei libri di Pansa e che li compravano, ossia gli italiani sentimentalmente legati in un modo o in un altro alle esperienze e alle ragioni dei “vinti” del 1945 erano per questo italiani da rigettare in punta di principio, italiani di serie B, italiani che non avevano diritto a provare commozione per quelli della loro parte che erano stati trucidati barbaramente a combattimenti finiti?”.
GIAMPIERO MUGHINI DIFENDE PANSA
A sostengo della propria tesi “pro-Giampaolo Pansa”, Giampiero Mughini cita suoi colloqui privati con il giornalista (“Entrambi collaboratori di “Libero” ci dicevamo al telefono quel che ci piaceva e il tanto che non ci piaceva di questo quotidiano che così liberalmente ci ospitava”), così come l’intervista pubblicata dal Corriere della Sera alla moglie di Pansa: “Vedo adesso, maestosa come sempre, l’intervista sul “Corriere” di Aldo Cazzullo ad Adele Grisendi, compagna e moglie di Giampaolo negli ultimi trent’anni della sua vita. Quando ha conosciuto Giampaolo, Adele era una sindacalista della Cgil, una che era ed è rimasta di sinistra, come del resto era rimasto fondamentalmente di sinistra Giampaolo”. Dopo aver parlato del giornalista fascista Giorgio Pini (“uno che aveva creduto in Mussolini dall’inizio e per tutta la Repubblica di Salò ivi compresa, e tuttavia un personaggio adamantino cui nessuno potrebbe rimproverare qualcosa”), così come dei morti di Codevigo, Mughini chiosa: “Raccontare questo orrore era qualcosa che cozzava contro i sacri valori dell’antifascismo e dunque di Tomaso Montanari, o invece il fatto che a raccontarlo fosse un giornalista e uno scrittore di sinistra aiuta l’Italia tutta a cicatrizzare le piaghe ancora sanguinanti della guerra civile di 75 anni fa? C’è posto o non c’è posto, nella Repubblica italiana nata dalla fine della Seconda guerra mondiale per la memoria delle sofferenze e delle atrocità subite da tutti, anche dai “vinti” del 1945?”.