DANILO REA/ Un viaggio in piano solo alla ricerca del vero De André
In tanti hanno tentato di riproporre Fabrizio De André. Danilo Rea, come ci racconta LUIGI VIVA, è tra i pochi che hanno saputo reinterpretarlo con rispetto e sincerità. Il nuovo album in piano solo

DANILO REA AT SCHLOSS ELMAU – A TRIBUTE TO FABRIZIO DE ANDRE’ – Danilo Rea è uno dei nostri più grandi jazzisti. Diplomato in piano al Conservatorio Santa Cecilia di Roma, dove attualmente è direttore della cattedra di Jazz, il pianista vicentino, esordisce giovanissimo accompagnando il trombettista Nini Rosso, per poi diventare uno dei nostri più richiesti session man (Baglioni, Mina, Pino Daniele fra gli altri).
Nel tempo la passione per il jazz prende il sopravvento, Rea suona con tanti grandi musicisti come Chet Baker, Lee Konitz, John Scofield, Joe Lovano e partecipa ad alcuni dei più entusiasmanti progetti della storia del nostro jazz dal Trio di Roma (con Enzo Pietropaoli e Roberto Gatto) a Lingomania (il grande gruppo guidato da Maurizio Giammarco) per finire agli strepitosi Doctor 3 (con Pietropaoli e Fabrizio Sferra) con i quali arriva la definitiva consacrazione a livello internazionale.
Negli ultimi anni, Danilo Rea, con l’intensificarsi dell’attività concertistica di piano solo, inizia una personale ricerca sull’improvvisazione partendo dai temi di grandi standard rock e classici. La grande tecnica pianistica, la curiosità nei confronti di tutta la musica (simile a quella del grande Herbie Hancock), oltre alla originalità di approccio, portano a risultati entusiasmanti.
Da sempre appassionato di Fabrizio De André, il 2 e 3 settembre 1997 partecipa (quale pianista preferito di Mina) alle sessioni che vedono Fabrizio per l’ultima volta in un studio. Insieme a Mina De André incide una nuova versione di La Canzone di Marinella. Ad accompagnarli la formazione composta da Alfredo Golino alla batteria, Massimo Moriconi al basso, Massimiliano Pani alle tastiere, oltre a Danilo Rea al piano, autore di una indimenticabile intro.
Rea, con la scomparsa di Fabrizio De André, prima con i Doctor 3 nel cd "Bambini Forever" (con uno splendido medley di 6’45), poi nei concerti di piano solo, inizia così a “ lavorare” le musiche del cantautore, con particolare attenzione alla prima parte della produzione. Il suo approccio, fin dagli inizi, è rispettoso e rigoroso, Danilo evita infatti, di essere “tirato dentro” in progetti “superficiali” attendendo con pazienza la situazione giusta che gli permetta la realizzazione di un album di piano solo da dedicare al leggendario artista.
L’occasione gli viene offerta dal famoso produttore tedesco Siggi Loch che, dopo averlo ascoltato in concerto, gli propone di registrare per l’etichetta Act un cd di piano solo, chiedendo espressamente di eseguire brani di Fabrizio De André. Il 28 e 29 Gennaio 2010, nella sala da concerto dello Schloss Elmau, Danilo Rea registra, rigorosamente dal vivo, in due sessioni, "A Tribute to Fabrizio de André". Il risultato è di straordinaria intensità, denso di emozioni.
Ecco riproposti alcuni dei brani più famosi fra cui una strepitosa versione di Bocca di Rosa accanto a Il Pescatore, Ave Maria, La Ballata dell’Amore cieco, La stagione del Tuo Amore, Girotondo, La Canzone di Marinella, Carlo Martello e Valzer per un Amore (musiche di Gino Marinuzzi nda) oltre a due inediti dello stesso Rea (Oana e la bellissima Highlands). È difficile raccontare un album che è molto personale, introspettivo in alcuni punti, passionale in altri, pervaso da una forte connotazione classica coniugata a jazz, tentazioni free e contemporanee.
La tecnica sopraffina, il controllo delle dinamiche, l’eccellente qualità della registrazione fanno inoltre di questo cd uno dei migliori lavori italiani di sempre, a ulteriore conferma della statura internazionale di Danilo Rea, suggellata dai risultati di vendita in tutta Europa.
Un’ultima considerazione. Ascoltando questo lavoro ci si accorge come, fra tanta melassa propinataci, solo pochi eletti, e Danilo Rea è uno fra questi, ci abbiano riproposto Fabrizio De André con rispetto e sincerità.
Ho sempre sostenuto che “Fabrizio non appartiene a nessuno”, pochi lo hanno capito: libri, libri dei libri, cd, versioni delle versioni, superficialità. A ballerini e saltimbanchi è stato concesso di parlare di lui, dando spazio a squallidi protagonismi. Mi sono sempre chiesto se Fabrizio meritava tutto questo. Quanti hanno compreso il suo messaggio di rigore e di libertà? O più semplicemente ne hanno intuito il garbo e la riservatezza? Vero, Maestro?
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