CHIEFFO/ Quella sera con Claudio, aspettando il Natale, con il cuore in Polonia

- Angelo Bonaguro

Dal colpo di Stato in Polonia, Solidarnosc e Lech Walesa, al rischio di un cristianesimo che diventa ideologia: sullo sfondo, le canzoni di Claudio Chieffo. Il ricordo di ANGELO BONAGURO

Chieffo2R400 Immagine d'archivio

Quel 13 dicembre 1981 fu una domenica particolare per la nostra parrocchia: il coadiutore aveva invitato Claudio Chieffo per un concerto-testimonianza, nel percorso di preparazione al Natale. «Credo che il lavoro del poeta, del cantautore, sia una missione, un lavoro educativo, sostanzialmente pedagogico… Fare lo spettacolo significa costruire insieme, fra me e il pubblico, un momento di verità», avrebbe detto Chieffo in un’intervista uscita anni dopo.

Sullo sfondo delle canzoni proposte e commentate dal musicista romagnolo, aleggiò tutta la preoccupazione per gli avvenimenti in corso in Polonia, e che colpivano molti suoi amici: alle 6 del mattino, il generale Jaruzelski – che dalla primavera dell’81 aveva assunto le cariche di premier e primo segretario del Partito – era apparso in televisione e aveva annunciato in diretta «il colpo di Stato più perfetto della storia dell’Europa moderna». La proclamazione della legge marziale implicò misure macroscopiche quali la messa al bando di associazioni e sindacati, il divieto di scioperi e manifestazioni, la chiusura di scuole e università, l’introduzione di limitazioni nello spostamento, la militarizzazione di radio e tv. L’avventura del sindacato libero Solidarnosc era durata poco più di un anno. Ora cominciava il duro periodo dell’«autoinvasione», caratterizzato da tensione sociale, privazioni, l’arresto degli attivisti, e contemporaneamente dalla gara di solidarietà internazionale coordinata dai vari comitati diocesani per l’aiuto alle famiglie degli internati.

Senza voler entrare nel merito della discussione sulla responsabilità storica di una simile decisione, val la pena ricordare che dalla famosa agenda del generale sovietico Anoskin, aiutante del comandante delle truppe del patto di Varsavia maresciallo Kulikov, emerge che nei giorni immediatamente precedenti al 13 i leader sovietici, nonostante le insistenze di Jaruzelski, avevano ribadito che l’URSS non era intenzionata a svolgere operazioni militari in Polonia.

In Brianza, Chieffo iniziò quel pomeriggio musicale di festa cantando e commentando La strada, che non è – disse – «la canzone dell’ottimismo», ma piuttosto «della gioia e della speranza. E la speranza è diversa dall’allegria e dall’ottimismo, è molto di più: è l’unica cosa che aiuta a vivere la vita di tutti i giorni… E perché la strada sia bella non bisogna che sia quella facile o comoda, ma che sia quella giusta, e allora occorre scegliere: per esempio non accettare gli idoli di questa società e cercare qualcosa che spieghi tutte le cose e che faccia vivere al nostro cuore veramente la festa».

Già introducendo il terzo pezzo, La nuova Auschwitz, il pensiero corse agli amici polacchi, all’«elettricista di Danzica» e leader di Solidarnosc, Lech Walesa (al quale dedicherà la Canzone degli uomini liberi): «Questa canzone è la storia di un uomo che da Auschwitz si è salvato, che guarda il mondo e capisce che il male non è stato vinto, e che tutti lo possono fare. Il fatto stesso che in questo momento ci siano delle persone, in particolare nella vicina Polonia, che non sono in condizioni di fare e di dire quello che vogliono, il fatto stesso che non si sappia niente, che ogni giorno la libertà venga calpestata in ogni continente, sono dei segni terribili che non si può vivere di hobby o di passatempi, ma bisogna vivere della vita e bisogna guardare in faccia queste cose… Il male che è nel mondo è così grande perché è dentro ogni uomo: dentro ognuno di noi c’è la possibilità di scegliere per il male o per il bene degli altri che ti sono di fronte. Non si può risolvere il problema del male esorcizzandolo, dando sempre la colpa agli altri, ma cercando quanto ne possiamo fare, perciò l’indifferenza è il primo male».

Prima di cantare due bellissime canzoni composte per i figli, Chieffo sottolineò che «abbiamo bisogno del Padre che ci ha dato la vita, non di un imperatore che può assumere vari nomi: ora si chiamerà bene comune, ora interesse del popolo, ora sindacato o partito».
Dopo Martino e l’imperatore fu la volta di Favola: «Qui io dico a mio figlio che il dovere di ognuno è il dovere della propria crescita, e questo dà fastidio a tutti quelli che vogliono vivere tranquilli, così come Gesù Cristo portando l’amore del Padre nel mondo ha dato fastidio a tutti i tranquilli. Però l’unico modo di vivere è quello di amare la propria vita e quella degli altri. Sarà dura perciò la vita! Non sono rose e fiori, ma la strada uno se la deve costruire. Sarebbe una cosa terribile andare avanti nella vita per strade false o da seduti. Perciò, bambino mio, cammina, e vai avanti perché non esistono né ascensori né autostrade, ma devi trovare la tua strada; e non avere paura se i violenti cercheranno di sbarrarti il passo, perché c’è Qualcuno con te – non sono io quel Qualcuno, che sarebbe nulla: – è il Dio che ti ha fatto. E non temere anche nella notte più fonda, perché anche lì c’è l’inizio di un’alba nuova. Non posso certo cantare questa canzone senza pensare a quello che sta accadendo oggi in Polonia, e che queste cose valgono anche per quelli che in questo momento stanno cercando la loro libertà, bandendo ogni comodità, ogni compromesso, per la verità loro e del loro popolo».

«Dio – osservò ancora – non ci ha mandato un ciclostilato o una radio libera per annunciarci la liberazione, ma il Figlio che si è sacrificato; Cristo è venuto non a promettere strade facili o comode. Chi c’è andato alla grotta, duemila anni fa? Chi era soddisfatto di sé? O ricco di sé? Perché c’è un equivoco terribile sulla ricchezza: che basta non avere soldi e non si è ricchi – no, si può essere ricchi anche del proprio cristianesimo, o meglio della propria ideologia cristiana. Chi invece sapeva bene che fragilità aveva nel cuore, che cumulo di contraddizioni era, quelli che sapevano bene che potevano essere salvati solo da un Altro, loro sono andati».
Al termine, prima di cantare Il viaggio, chiese «di pregare per questi nostri amici che stanno vivendo un momento estremamente difficile», e ci augurò un Natale «di pace e serenità, nel cuore di tanti di noi e nei paesi dove la libertà è calpestata».





© RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori

Ultime notizie

Ultime notizie