E’ una delle più fresche e interessanti sorprese di questo Sanremo 2011. Ha esordito ieri sera, nella categoria Giovani, ed è passato al secondo e finale turno alla grande, ben accolto da critica e spettatori. Nato a Vercelli il 3 aprile 1982, Roberto è laureato in pittura all’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino. La passione per la musica gli viene trasmessa dal padre, professore del Teatro Alla Scala di Milano.
Amadè è stato il vincitore di Area Sanremo. Voce cordiale, competenza musicale non comune, parole misurate e ottimo gusto negli ascolti. Questo il risultato dell’amabile conversazione avuta con Roberto Amadè, giovane talento presente a Sanremo.
Partiamo da una domanda basilare: leggendo il tuo profilo vediamo che sei Laureato in Pittura all’Accademia delle Belle Arti di Torino. Come concili pittura e musica? Esiste una duplice ispirazione?
Nessuna duplice ispirazione. La fiamma primaria che tramuta la scintilla in arte è la stessa: l’intuizione è la base del processo di componimento e di idealizzazione dell’opera, musicale o visiva che sia. Quell’attimo è centrale. Poi, con dedizione, l’idea diviene o immagine o suono, tramutandosi così in veicoli artistici differenti.
Quali musicisti ti hanno influenzato? Quali sono gli album seminali nella tua crescita d’artista?
Fondamentale per me è “Grace” di Jeff Buckley: profondo, intenso e altamente spirituale. Per l’Italia mi viene in mente “Anime Salve” di De Andrè, un patrimonio reale della cultura italiana. Ho anche conosciuto persone che hanno lavorato con il Maestro ma non sono riusciti a spiegarmi quale fosse il suo “segreto”. Il mistero della sua poetica, che è così alta, e del suo modo di comporre rendono unica la sua discografia e la sua persona.
Riprendiamo un altro dato della tua vita personale: quanto ti ha influenzato avere un padre professore del Teatro Alla Scala di Milano?
L’influenza è evidentissima ancora oggi. La presenza di mio padre mi ha permesso di nascere nello studio della musica e con la musica nelle orecchie. Mi ha trasmesso la riverenza che un musicista deve avere per il pentagramma e il suo rigore nel cercare mezzi espressivi degni di tale nome. Il resto la hanno fatto la determinazione e lo studio delle partiture dei classici.
Quali sono i metodo di scrittura dei tuoi brani? Hai dei luoghi dove ti nascondi per rimanere solo con l’idea nel tuo cervello?
Non esistono luoghi particolari. Per me scrivere musica è sempre stato un comportamento naturale. Ho però un metodo che utilizzo spesso: preferisco partire nella composizione con uno strumento "impreciso" tra le mani – chitarre con meno corde o pianoforti scordati. Questo ti libera dai vincoli delle canoniche sette note e aumenta la tua libertà di composizione con tanto di suoni meno scontati. Capisci bene che se l’ispirazione è supportata da una gamma di "colori" infiniti e multiformi…
Parliamo ora di trasmissione delle emozioni. La tua voce è molto particolare: dono naturale o frutto di una particolare ricerca stilistica?
Effettivamente la mia voce ha alla base una ricerca originaria del timbro e dello stile. La mia origine è nel blues, una genere che poco si accompagna con la lingua italiana. Ma dopo poco ho abbandonato la ricerca del timbro perfetto, poco sincero, cercando di aggiungere alla mia voce un "colore" più personale, più spirituale.
Cosa vuol dire oggi, a 150 dall’Unità d’Italia, essere un musicista italiano?
Sicuramente sono fiero per la tradizione lirica e classica, patrimoni che anche gli italiani hanno dimenticato. Oggi il mondo della musica non è così inarrivabile come sembra. Gli addetti ai lavori seguono il percorso della crescita di un musicista e tutela l’artista in tutte le situazioni. Questo però è un premio alla sincerità artistica: chi produce brani preconfezionati cadrà facilmente nel dimenticatoio.
Cosa ne pensi della conduzione di Gianni Morandi? Ti aspettavi qualcosa di diverso?
Avendolo conosciuto posso dire che è una persona di cuore e si sta mostrando sincero e coerente rispetto a se stesso. Nessun discorso artefatto o convinzione di arrivare in posti non pertinenti alla sua persona.
Chi ti è piaciuto di più tra i cosiddetti big in questo Sanremo?
Vecchioni. Testo senza pari, davvero. In più perchè è un brano coerente rispetto alla sua carriera e alla sua poetica. Ha portato un brano che ci si aspettava da lui: bellissimo.
(Edoardo Iervolino)