INDIE ROCK/ 2. Jestrai, l’etichetta “artigianale” alla ricerca dei nuovi Verdena
Continua l’inchiesta de IlSussidiario.net nel mondo del rock indipendente italiano. RAFFAELE CONCOLLATO intervista i responsabili dell’etichetta Jestrai (Verdena e tanti altri)

Il rock indipendente negli ultimi anni ha visto la scoperta di sempre un maggior numero di artisti, singoli e band, che poi hanno anche ottenuto un notevole riscontro commerciale in termini di successo. È il segno che non occorre più passare dalle major, che ormai preferiscono i “talenti” facili degli show televisivi, per farsi una carriera da rock star, o quasi. È il caso dei Verdena, uno dei maggiori fenomeni della scena indie degli ultimi anni. Raffaele Concollato ha incontrato i fondatori della Jestrai per IlSussidiario.net.
Come e quando è nata la vostra etichetta?
La Jestrai nasce nel 2001 come editore dei pezzi dei Verdena. In seguito abbiamo cominciato a ricevere sempre più demo di gruppi in cerca di un contratto discografico e ci siamo impegnati nell’ascolto e nella valorizzazione di quanto ci arrivava in ufficio.
Che metro usate per il reclutamento delle band? Vi siete posti dei limiti sui generi da considerare?
L’unico metro è questo: il progetto ci deve convincere a prescindere del genere proposto.
Curate tutti gli aspetti dei vostri artisti, dal live alla grafica fino alla produzione…?
Inizialmente facevamo tutto sia a livello di pre-produzione che di produzione, stampa, ecc. Ora non è più così. La prima registrazione è a carico del gruppo, noi pensiamo alla stampa del cd, ai bollini Siae, alle varie pratiche che servono. Poi se la cosa “funziona” (anche se al giorno d’oggi è una parola grossa), dal secondo disco pensiamo a tutto noi, compresa la produzione in studio.
Che altre etichette internazionali e nazionali apprezzate?
Ascoltiamo davvero di tutto: potrei fare una lunga lista, mi limito a dire queste etichette: Amphetamine, Reptile, Subpop, Ipecac, Atlantic, Mute, Acid Cobra, Liberty, Road Runner… e una lunga lista di gruppi che stimiamo e che si sono autoprodotti, quelle che sono delle vere e proprie comunità musicali.
Cosa significa essere un’etichetta indipendente? Che differenza c’e’ tra voi e una major?
Sostanzialmente la differenza principale è che non avendo nessuna delle logiche commerciali che contraddistingue una major facciamo quello che ci piace e ci pare consapevoli che magari di una produzione si venderà poco, ma con la certezza che ciò che si è fatto sia bello e basta.
Economicamente rientrate dei costi di produzione degli album o dovete puntare sulle esibizioni live?
Quasi mai… Ma anche con i live è difficile rientrare in quanto noi prendiamo una piccola percentuale del cachet (se chiudiamo noi la data) ed essendo sempre band emergenti i locali non pagano mai abbastanza e quindi si rimane sempre sotto. Ma la nostra è una specie di vocazione e quindi non è che la cosa ci faccia poi diventare matti più di tanto.
Come è cambiato il lavoro del discografico da quando avete iniziato?
Per quanto ci riguarda siamo partiti con la consapevolezza che era l’artista a metterci l’idea, dopodiché noi ci sentivamo in dovere di provvedere a tutte le spese. I primi anni riuscivamo mensilmente anche a fare pubblicità su due riviste, avendo però lavorato solo su gruppi sconosciuti, investendo molto senza mai rientrare economicamente. Ora per soppravvire siamo costretti a fare cooproduzioni, ma il nostro impegno è rimasto lo stesso.
Qui in Jestrai lavoriamo in tre e ci appoggiamo a agenzie di ufficio stampa esterne. In poche parole è molto più difficile fare il discografico oggi rispetto a quando abbiamo iniziato.
Il web vi aiuta o vi ostacola?
Il web da un lato ti aiuta, dall’altro ti ostacola perché ormai c’e’ troppa roba da sentire. Si corre il rischio di perdersi. Prima era l’etichetta che si prodigava nel diffondere il lavoro dell’artista sotto contratto e c’erano meno artisti che pensavano di essere i nuovi Rolling Stones.
Come sono vostri i rapporti con i canali tradizionali (radio e televisione)? Riuscite a far passare i vostri artisti?
Qualche volta è capitato, soprattutto però con artisti già affermati o in fase di arrivo. Mi vengono in mente Ulan Bator, Dente e ultimamente i Giòbia che sono stati in rotazione su canali musicali televisivi. Cambia invece il discorso interviste-passaggi radiofonici: abbiamo contatti con molte radio (sempre molto piccole) felici di dare visibilità a piccole realtà musicali come le nostre.
Cosa ascoltate quando non lo dovete fare per lavoro?
Di tutto: blues, rock and roll, psichedelia, kraut rock, elettronica, punk rock, hard core, metal, jazz. In pratica, un bel “fritto misto” di buona musica.
Per chiudere: tre uscite da non perdere nei prossimi mesi.
A ottobre uscirà la versione cd dei Pineda, gruppo stile anni Settanta e autore di un rock psichedelico strumentale di cui fa parte il cantautore Moltheni alla batteria. A novembre il secondo lavoro dei Chaos Physique dove tra gli altri c’è Amaury Cambuzat degli Ulan Bator con un lavoro molto sperimentale che spazia dal kraut rock all’elettronica “suonata” e, infine, sempre a novembre, il nuovo lavoro dei Sadside Project, promettente giovane duo romano dedito a un rock and roll molto energico… insomma c’è tanta carne al fuoco!
(Raffaele Concollato)
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