Dopo una lunga fase di serie difficoltà, il magnifico Teatro San Carlo di Napoliha da poco più di un anno un nuovo Sovrintendente, Susanna Purchia, e un nuovo Direttore Musicale, Nicola Luisotti, a cui si è appena aggiunto un nuovo Direttore Artistico, Vincenzo De Vivo. La squadra sta rilanciando il teatro con una programmazione densa di co-produzioni (elemento essenziale per contenere i costi) ed equilibrata tra novità/riscoperte del passato e opere note al grande pubblico, nonché un’accurata sinergia con il più piccolo elegantissimo Teatro di Corte, dedicato principalmente ad opere del Settecento “napoletano”. Alle attività principali della lirica e alla sinfonica, viene affiancato un programma per preparare le nuove generazioni alla “musica colta”. I primi segnali sono positivi: aumento degli abbonamenti e delle alzate di sipario (che nel 2009, per la lirica, avevano raggiunto il punto di svolta inferiore di appena 25 per la lirica). Si sta risvegliando interesse non solo in Campania ma in tutta Italia e anche la stampa internazionale sta riscoprendo il San Carlo.
L’opera inaugurale della stagione 2012-2013 (bicentenario della nascita sia di Verdi sia di Wagner) è Traviata a cui il teatro ha dedicato la serata inaugurale del 5 dicembre – preceduta da una serata di beneficienza il 2 dicembre. Wagner arriverà in primavera con L’Olandese Volante. La scelta ha il sapore di una sfida alla Scala che il 7 dicembre 2013 con Traviata diretta da Daniele Gatti celebrerà Sant’Ambrogio, la fine dell’anno verdiano-wagneriano e l’inizio della stagione 2014-2015.
Sotto molti aspetti lo è perché il San Carlo (addobbato ieri sera con il lusso previsto per le serate di gala e con numerosi componenti del Governo distribuiti nei palchi centrali ) ha fatto davvero le cose in grande. Il nuovo allestimento, coprodotto con il Petruzzelli di Bari, è firmato dal pluripremiato regista cinematografico Ferzan Özpetek, ha le scene di Dante Ferretti e costumi di Alessandro Lai. Soprattutto la direzione musicale è affidata al trentatreenne Michele Mariottti, una delle migliori bacchette di cui dispone oggi l’Italia ed appena reduce da una serie di applauditissime recite di Carmen al Metropolitan di New York. Di Ferzan Özpetek mi deluse il suo debutto nella lirica in Aida a Firenze. E’, senza dubbio, uno degli aspetti di maggior impatto mediatico. Nelle scorse settimane ha rilasciato numerose interviste sulla sua lettura di Traviata in chiave “proustiana”. Traviata non necessita di essere ambientata nella Parigi del 1850 o giù di lì. L’opera è stata ambientata nei più diversi contesti; già negli Anni Cinquanta Visconti la situò in un contesto di fine ottocento, più di recente la si è vista tra i grattacieli di New York (Stoccolma), in un beauty farm, sotto il ponte dell’Alma (Berlino), durante una ripesa cinematografica dell’opera ai giorni nostri (Aix-en-Provence). In effetti, ha contenuti drammatici universali (confronto tra padri e figli, amore carnale e soprattutto il perdono cristiano quale avvertiti da un “ateo dubbioso” come Giuseppe Verdi).
L’ambientazione proustiana è accurata, ma la Parigi di Özpetek e di Ferretti assomiglia alla Napoli di Scarfoglio o a una decadente Istanbul, dati i colori mediterranei degli esterni, le numerose comparse in abiti ottomani e le mezze lune presenti in due dei tre atti. C’è profumo di lussuria (e di oppio) nel primo atto, ma il rapporto genitore-figli resta quasi a margine, la carnalità della relazione tra il giovane provinciale Alfredo e la coetanea ma molto più esperta Violetta non si avverte e il perdono resta fuori scena. Senza dubbio, regia, scene e costumi piaceranno a molti spettatori ma lasciano perplesso chi cerca il significato più intimo di Traviata. Lo spettacolo, comunque, ha appena iniziato un lungo viaggio e, mantenendo l’impianto scenico, correzioni di tiro ed aggiustamenti possono essere effettuati.
Ciò nonostante, la sfida viene lanciata da Michele Mariotti al suo collega Daniele Gatti che tra un anno dirigerà l’opera alla Scala. Lo posso scrivere sine ira ni studio perché cinque anni fa sono stato l’unico commentatore italiano a criticare aspramente il debutto di Mariotti con Simon Boccanegra a Bologna, partitura affrontata troppo presto date le caratteristiche del dramma e della scrittura verdiana nel 1881. Lo ho visto crescere affrontando l’orchestrazione più smagliante di Mozart (Idomeneo) e uno dei capolavori assoluti del Novecento “storico” (Il Prigioniero di Dallapiccola). E’ diventato uno dei migliori direttori d’orchestra a livello internazionale. Per l’inaugurazione della stagione del San Carlo dirige una Traviata integrale (priva dei soliti ‘tagli’ di tradizione, quali al secondo atto le cabalette del tenore e del baritono e a terzo un passaggio d’Addio del Passato) Mariotti ha trovato piena sintonia con l’orchestra ottenendone, anche grazie all’acustica del teatro, splendide sonorità (specialmente di violoncelli e fagotti che danno la tinta appropriata alla tragicità di un lavoro imperniato sull’ amore paterno e sul perdono).
Nel cast primeggiano tre protagonisti di grande esperienza: la Violetta di Carmen Giannattasio passa agevolmente dalla coloratura del primo atto alla “mezza voce” del duetto con Germont padre nel secondo prima di esplodere in Amami Alfredo. Saimur Pirgu è un Alfredo dal timbro chiaro e dall’acuto generoso. Vladimir Stoyanov, un Germont padre struggente specialmente nel soffertoDi Provenza il mare, il suol. La dialettica tra padri e figli, l’amore non solo sentimentale ma anche carnale e soprattutto il perdono – ciò che manca alla regia- arriva dalla buca al palcoscenico. Vale un viaggio a Napoli o più tardi a Bari.