Mentre Spotify festeggia il suo quinto anniversario, il cantante e leader dei Radiohead rinnova i suoi attacchi contro la piattaforma musicale che sta conquistando sempre più spazio fra i fruitori di musica online. In precedenza Yorke aveva fatto ritirare tutte le sue composizioni da solista presenti su Spotify, accusando la piattaforma di pagare una miseria gli artisti e di essere di vantaggio solo per i nomi più affermati. Oggi si spinge a definirla “l’ultimo peto di un cadavere in decomposizione”. Parole durissime come si può capire. I musicisti dovrebbero combattere Spotify, ha detto nel corso di una intervista concessa a un sito messicano: “Quello che vediamo è l’ultimo sospiro della vecchia industria musicale. Dopo che sarà morta, il che accadrà senza dubbio, qualcosa d’altro succederà” ha detto. Ma, aggiunge, dipende tutto da che cosa succederà in termini di tecnologia e di come la gente vorrà ascoltare la musica, e ritengo sarà qualcosa di pessimo. Thom Yorke si lamenta del fatto che quando i Radiohead pubblicarono solo online il loro disco In Rainbow, fu un tentativo di rivolgersi direttamente al fruitore di musica senza intermediari; adesso invece con Spotify l’industria musicale si è messa di mezzo stabilendo prezzi e modalità di acquisto, cercando di bloccare l’indipendenza di artisti e ascoltatori. Ma il problema, dice è che Spotify fa accordi con le case discografiche e gli artisti non possono farci nulla: le major hanno trovato un modo per rimettere in vendita tutto ciò che hanno in catalogo. Attualmente Spotify ha oltre 24 milioni di utenti e sei milioni di essi sono a pagamento.