Da qualche anno a Rimini, in concomitanza con il compleanno di Bruce Springsteen che cade negli ultimi giorni di settembre, fan e amanti del Boss si ritrovano nella città di Fellini. Qui si tiene infatti “Glory Days” convention musicale di artisti e band che eseguono i classici dell’artista del New Jersey. Quest’anno alla quindicesima edizione c’era anche, ospite speciale, Vini “Mad Dog” Lopez, il batterista dei primi due dischi di Springsteen. Lo abbiamo intervistato.
Che cosa pensa Vini Lopez dei Glory Days?
Sono molto onorato di essere stato invitato a questa manifestazione: è una delle cose più belle che ho fatto nella mia vita. Tornerò!
Perché hai iniziato a suonare la batteria?
Ho iniziato a suonare nel 1964 andando a una festa da ballo per teenager: sentivo la musica provenire dall’interno del locale ed ero convinto si trattasse di musica dal vivo, invece era un DJ che metteva dischi ma con la batteria accompagnava la musica. Sono entrato e ho chiesto se potevo rimanere lì: questo DJ mi ha mostrato come usava le bacchette e da quel momento ho iniziato a suonare; ogni tanto il DJ doveva andare in bagno e quindi intervenivo io alla batteria.
Quando hai comprato la prima batteria?
Inizialmente non avevo la batteria e la prima persona che me ne ha prestata una fu il mio amico Buzz, ormai scomparso, e mio zio Joe mi disse: “I batteristi sanno fare quattro cose. Se tu mi dimostri di saper fare quattro cose, io ti compro una batteria”, io gli risposi: “Ne so fare cinque, perché so anche cantare!”. Così mio zio mi comprò la batteria.
E com’è cambiato ora il panorama musicale di Asbury Park rispetto agli anni 60 /70?
Quando iniziammo a suonare tra Asbury Park, Freehold, Middletown e nei dintorni c’erano varie band e si condividevano esperienze e palchi: lo show era un momento per condividere e stare insieme. Oggi non è più così e qui a Rimini ho ritrovato quel clima e quell’ambiente che non esiste più ad Asbury Park. Molti club di quella zona purtroppo ora non sono più attivi musicalmente.
Com’è iniziata la tua esperienza con Bruce Springsteen?
Ho incontrato Bruce per la prima volta nel 1965 durante una competizione tra band. La mia band si chiamava Sonny And The Start Fires, mentre Bruce suonava nei Castiles: a quei tempi Bruce non era ancora famoso, ma si vedeva subito che aveva una marcia in più e noi pensammo che i Castiles avrebbero vinto la gara. In realtà vinse la band del promoter della serata. Tempo dopo, quando ho incontrato Danny Federici ci siamo subito sentiti in sintonia e abbiamo fondato una band per suonare insieme, la Downtown Tangiers Band in quanto ormai il pubblico conosceva quella band come Steel Mill. Io lavoravo in un cantiere navale e un giorno ricevetti una
Hai un ricordo, un aneddoto che vuoi raccontare dei tempi degli Steel Mill?
Tinker West, il nostro manager – ho incontrato Tinker prima di incontrare Bruce – sosteneva che noi dovessimo scrivere canzoni originali, così io chiesi a Bruce: “Bruce ma tu hai scritto qualche canzone?” e ovviamente Bruce mi rispose che ne aveva scritte un milione…Tinker ci organizzò un concerto in California e durante il tragitto ci fermammo per una sosta, ospiti di una comunità hippie. A cena ci offrirono del pane molto buono: solo in un secondo momento scoprimmo che si trattava di pane alla mariujana: io e Bruce ci siamo trovati a camminare sulle colline della vallata cercando dei mostri!
C’è qualche episodio di “Greetings from Asbury Park” che non appare nelle svariate biografie?
Prima di allora non eravamo mai stati in uno studio di registrazione e la Columbia Records non era disposta a investire molti soldi: il disco è uscito in una settimana perché la prima registrazione è stata quella buona. Da quel momento è iniziato il periodo in cui abbiamo lavorato di più nella nostra vita: se a quei tempi James Brown era noto come la persona che lavorava più duramente nell’ambito dello showbiz, oggi è Bruce quella persona.
Il secondo disco, “The Wild The Innocent & The E-Street Shuffle”, uscì poco tempo dopo il primo album…
Dopo “Greetings” abbiamo girato per vari shows: avevamo un furgone con i due rodie che portavano la strumentazione, e la Station Wagon di Danny sulla quale viaggiava la band. Danny guidava a velocità folle e noi temevamo di fare una brutta fine o di essere arrestati, quindi io e Clarence davamo ogni tanto il cambio a Danny… sempre tenendo una bottiglia di vino in mano… forse anche noi non avevamo propriamente una guida sicura – era anche vino economico, quindi nulla di pregiato (ride). Occasionalmente avevamo un paio di giorni di riposo, ma non andavamo mai a casa, bensì tornavamo nello studio di registrazione per provare e incidere le nuove canzoni: era molto faticoso, così io e Clarence ci eravamo attrezzati con delle tende per dormire direttamente fuori dagli studi e riposare lo stretto necessario. Le registrazioni sono state più lunghe rispetto al primo album, ma nonostante tutto, il disco uscì poco tempo dopo “Greetings”.
Avete avuto l’occasione di suonare con tanti artisti, tra i quali Chuck Berry. Come andò quella serata?
Abbiamo aperto i concerti di diverse band e ci fu l’occasione di essere band di apertura di uno show di Jerry Lee Lewis e Chuck Berry. Prima del concerto Chuck Berry venne nel nostro camerino e disse: “Voi sarete la mia band d’apertura. Conoscete anche qualche canzone di Chuck Berry?”, e noi rispondemmo “Certamente!”. Chuck allora ci disse: “Ci sono due regole quando siete sul palco con me: quando io faccio questo movimento (battuta del piede destro a terra), vi dovete fermare e la seconda regola è che anche se vi insulto voi dovete continuare a sorridere”. Quando iniziammo a suonare Bruce si lasciò andare facendo un riff in stile Chuck Berry, il quale disse: “Hey! Nessuno fa i riff alla Chuck Berry se non Chuck Berry!”, e gli spense l’amplificatore. Ad un tratto fece il movimento con il piede: tutti si fermarono, ma a me scappò ancora un colpo di batteria e iniziai a tremare per la paura. Chuck Berry si voltò e mi disse: “Dannatissimo figlio di p… non stai sorridendo!”. Proseguendo la serata, a un tratto, si senti il suono di un’armonica provenire dal backstage. Chuck Berry andò a controllare ed era Southside Johnny. Pensammo subito che lo avrebbe insultato, invece Chuck prese Southside Johnny per il collo e lo portò sul palco per farlo suonare insieme a lui.
A quei tempi gli studi di registrazione non erano digitali come oggi. Quando si facevano degli errori, com’era possibile rimediare?
Voglio raccontarti un aneddoto di un assolo di sax di Clarence: la tecnologia all’epoca non permetteva molte modifiche, così cercavamo di fare al primo colpo la registrazione perfetta. Durante la registrazione di Growin’ up abbiamo fatto circa 35 registrazioni dell’assolo di Clarence… ma nessuna era perfetta come la prima, se non per il fatto che c’era una leggera imperfezione. Il nostro tecnico del suono tagliò un piccolissimo pezzo e incollò i due lembi di nastro eliminando così l’errore. Dopo tante ripetizioni, la prima registrazione fu quella buona: la prima, solitamente, è sempre l’esecuzione migliore.
E’ cambiato il modo di fare la musica dal vivo?
Quando ho iniziato a suonare per me era sempre un’occasione unica poter suonare per un pubblico: si è sempre creata una magia tra noi sul palco e la gente giù dal palco. Per Bruce è ancora così: è incredibile come si tenga in forma e come riesca ancora oggi a correre a destra e a sinistra. Anch’io mi tengo in forma facendo il Caddy per un giocatore di golf professionista, quindi spesso mi ritrovo a fare lunghe passeggiate. Secondo me ho davanti ancora una trentina d’anni per suonare e fare musica di ottimo livello.
Il 19 settembre del 2012 hai suonato con Bruce Springsteen al MetLife Stadium. Com’è andata?
Io suonavo con la mia band all’esterno dello stadio di Philadelphia, dove Bruce avrebbe suonato quella sera. Con un amico sono andato nel backstage del suo concerto e alla fine mi sono messo all’uscita dove le macchine erano pronte per portare via gli artisti. A un tratto vedo Bruce con Jon Landau su una macchinina da golf e quando Bruce mi ha visto mi ha detto “Vini! Come mai nessuno mi ha detto che eri qui?!!? Se sei qui, devi suonare! La prossima settimana suono al MetLife e devi venire!”. Io gli dissi che dovevo controllare se non avessi già da lavorare… ma ovviamente andai allo show (ride). Andai molto presto e quando arrivarono Bruce e sua moglie Patti, Bruce mi chiese se mi ricordassi come suonare The E-Street Shuffle perché avremmo suonato insieme quella canzone. Bruce poi si allontanò e chiacchierai con Max e Gary (Weinberg e Tallent) e chiesi loro: “Allora The E-Street Shuffle si fa come ai vecchi tempi?”. Gary lo guardò e gli disse: “Sì sì, tranquillo, la facciamo nella stessa maniera, solo diversa!” e infatti la facemmo completamente diversa.
Qual è la tua canzone preferita di Bruce Springsteen?
Incident on 57th street.
Ricordi un momento speciale di quando suonavi con Bruce Springsteen?
Il momento speciale era stare insieme: Bruce era un grandissimo autore e quando iniziava a scrivere canzoni, avevamo delle visioni… la visione di diventare delle star!
Vini Lopez si sente una star?
Sì, lo sono! (ride) Ciò che voglio fare nella vita è solo suonare. Questo è tutto ciò che voglio fare.
Che musica ascolta Vini Lopez?
Jimmy Buffett, Zac Brown, Kenny Chesny… Amo la musica country.
Cosa consiglieresti ad una giovane band che vuole emergere nel panorama musicale?
Non ci si deve scoraggiare e continuare a suonare e a provare. Insistere anche se il momento attuale è difficile. La condivisione e il confronto con altri musicisti fa migliorare: lo spirito deve essere quello di condividere emozioni e non di essere protagonisti.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Stiamo lavorando ad un nuovo album, “Paradisio”, completamente diverso dal primo album. Ho incontrato in Florida i giovanissimi Ries Brothers e sto lavorando con loro. Ho bisogno di suonare, ho tanta voglia di suonare. Di certo tornerò ai Glory Days in Rimini!
(Laura Stellin)