A volte emergono ancora, in questa epoca di voci urlate, di talent show all’ultimo sangue, di divismo a tutti i costi. Sono le voci profonde della poesia. Voci antiche, inevitabilmente lontane dai riflettori, ma che se si ha la fortuna di incontrare, possono aprire squarci di bellezza e di gentilezza, cose di cui abbiamo oggi più che bisogno che mai. Con il nome d’arte di Mezzanota – un bel nome che potrebbe suggerire tante cose – Chiara Jerì, voce a autrice dei testi, e Andrea Barsali, chitarra classica e arrangiatore delle musiche (di cui è autore Maurizio di Tollo), sono quell’incontro che tutti desideriamo. La loro delicata poesia, gli eleganti tocchi di chitarra, la voce suadente e ricca di malinconia (al sottoscritto ricorda quella bellissima, ferita, di Gabriella Ferri) sembrano dirci: ma in che mondo viviamo?
I Mezzanota hanno un mondo ben preciso in mente, quello antico e saggio di Domenico Modugno (come non pensare alla notturna solitudine di Un vecchio frac quando si dipanano le note di certi brani di questo cd) o anche di Leonard Cohen, quello perso nella notte del Chelsea Hotel. La chitarra magistralmente suonata da Barsali non può che evocare quelle atmosfere, da alba metropolitana mentre la voce di Jerì è un lusso dimenticato fra le urlatrici della canzone televisiva. Chaira Jerì, un disco solista alle spalle, “Mobile identità”, e la vittoria al prestigioso concorso “Un notturno per Faber” della Fondazione De André con il brano Il notturno dalle parole scomposte, proprio attorno a questa canzone ha voluto costruire un disco. E’ nato così “Mezzanota”, grazie all’apporto di Andrea Barsali. Oltre a brani autografi anche l’intensa ripresa de La donna cannone di De Gregori, Canzone II di Pippo Pollina e Fino all’ultimo minuto di Piero Ciampi: le coordinate della loro musica appaiono dunque ben chiare.
Un disco difficile? Può essere, visto che l’accompagnamento sonoro è minimale, quello appunto della chitarra classica di Barsali, ma come ha ben detto qualcuno, “lessi is more”, di meno è di più. Non è un caso che la coppia ha deciso di presentare questo disco dal vivo con un metodo ben preciso: lo chiamano “rac-canto a canovaccio”, un racconto che è canto, dalle pagine del primo disco di Chiara a classici della canzone d’autore.
Tante le canzoni da citare in questo lavoro: piace, e molto, Innesco e Sparo che prende spunto da un tragico episodio di storia vera, l’esecuzione mafiosa di Giannino Losardo (21 giugno 1980) in quella Calabria a cui Jerì è molto legata. Oppure Amore mio hai ragione, grande canzone d’amore, quello che lascia la ferita aperta. Un disco prezioso dunque che la stessa Jerì descrive perfettamente: “Mezzanota è un neologismo, è un attimo, è imperfezione viva, è fruscio, è creazione, è voce che si stacca dal pensiero e diventa musica, è suono che saluta le dita e diventa ambiente; ma non è musica e non è ambiente, è tutto quello che c’è prima di arrivarci e tutto quello che c’è dopo aver pensato di arrivarci. Mezzanota non si riduce alla sola tecnica. Mezzanota è l’istante in cui l’Intenzione diventa Musica”.
Un istante di cui abbiamo sempre più bisogno, in questa vita che ci scorre addosso e ci sfugge di mano continuamente: perché la musica fermi l’istante e lo renda eterno.