Rimini, esercizi dei Giovani Lavoratori. Benedetto Chieffo canta la Canzone dell’Ideale. È un attimo. Quel modo leale, quell’intensità suscita un desiderio e una mossa.
Rimini, Meeting. Colazione con Benedetto, sua moglie Chiara, Lucia, io, mio marito e alcuni amici. Si apre il dialogo: in un secondo si arriva al cuore. Lucia e Benedetto hanno il papà in Paradiso. Ognuno ha la ferita aperta. Domande, nostalgia e quanto scoperto fino a quel giorno. Nasce il desiderio di offrire la verità concessa, di accompagnarsi nella vita alla ricerca del senso senza censurare nulla.
È nata così la serata “Abbiamo ricevuto uno Spirito da figli, Benedetto canta Chieffo”.
Milano, 11 gennaio 2014. Da dietro le quinte la platea è uno spettacolo di colori. Sì perché ognuno ha il suo maglione e i posti rimasti liberi son veramente pochi. Chiamatelo come volete: pienone, sold out. Ma dietro le quinte non c’è la frenesia o l’angoscia o l’esaltazione. “Solo” sorrisi grati perché così tanti, sentendosi tirare per la giacchetta dal tema della serata, non hanno potuto restare a casa.
Tre minuti prima di iniziare ringraziamo la Madonna perché l’aver messo in piedi l’evento è niente rispetto a quanto abbiamo visto accadere tra noi. Un’amicizia di schianto, trovarsi insieme nel desiderio di non lasciar vano il dolore e la nostalgia infinita di un padre che non è più fisicamente presente e dentro questo desiderio accorgersi che nella vita, il lavoro sul senso delle cose fa guadagnare davvero.
Paolo Vites apre la serata e si capisce che non sarà uno show né un revival. Racconta dell’amicizia profonda con Claudio, che prosegue ora con i figli e che permette il dialogo in cui Benedetto in una semplicità disarmante offre le stille di esperienza sul rapporto con suo padre e sull’eredità che ha ricevuto da lui: la verità sulla vita scoperta, declinata nelle canzoni. “Cantando queste canzoni non colmo il desiderio del ritorno di mio padre, ma risento la sua voce”. E ancora: “Cosa ci portiamo addosso di ciò che sono stati i nostri padri: una gratitudine, sono grato di ciò che ho avuto e sono grato anche di aver potuto dire grazie a mio padre'”; “Quello che dicono queste canzoni è la casa, è un luogo che conosco e non conosco, ‘non sono mai venuto ma voglio tornare’ diceva la canzone Irish Song, la casa è il luogo dove ognuno è accolto, è amato, lo vedo e non lo vedo”. “Non c’è più quel rapporto eppure è come il fuoco sotto la cenere, che continua a bruciare, che continua a scaldare, io posso fare finta di non avere visto quello che ho visto però purtroppo o per fortuna ce l’ho così dentro questo fuoco che non si può spegnere, continua a bruciare e a scaldare”.
Nel tempo dell’intervallo e del dopo serata l’intensità non cala. Abbracci, sguardi commossi, gratitudine e incontri con amici nuovi e ritrovati (“Luci, ma dove sono stata tutto questo tempo!?”).
Paolo conclude il dialogo con Benedetto: “Non sarei qui se non avessi la certezza che ciò che tu e tuo fratello Martino fate è essere di testimonianza di qualcosa di bello che è stato buttato nella vita vostra e di tante persone, credo che comunque spetti sempre alla persona cogliere con responsabilità quello che si è visto e toccato”.
Nella notte e nella giornata seguente tantissimi i messaggi che arrivano e ci fanno subito capire che non è finito niente. E’ iniziato qualcosa di immenso che succede quando l’umano viene ridestato e non sappiamo dove ci porterà. “Carissima, mi ha commosso vedere come si esprime il vostro cuore e la vostra passione di fronte alla provocazione della morte”, scrive un nostro carissimo amico al di là dell’oceano. “Bella la serata soprattutto per come è nata e perché nessuno, se non il vostro desiderio di andare a fondo di una intuizione, vi ha costretto a farlo”; “Grazie per la serata di sabato (…) pur non conoscendo le canzoni, ho ascoltato molto coinvolta e mi è sembrato che in quasi tutti i testi ci fosse qualcosa che mi riguardava da vicino”; “Grazie della carità di farci partecipi di come il Signore vi chiama per nome, è così fedele”; “Questa serata è stata un dialogo con il Signore, la certezza che l’ultima parola sulla morte è la vita. Più di una volta, ascoltando Benedetto cantare, ho sentito tremare tutto di me. Momenti che porto nel cuore perché sono stati occasione di esperienza di Gesù nella mia vita”.
“Che regalo ci avete fatto ieri sera! Benedetto ha saputo condividere con noi la nostalgia per il bene e il bello, per ogni abbraccio che nella vita ci ha rifatti vivi. Più passano gli anni più aumenta la sete di vita, il desiderio di ricominciare, di non lasciare passare un minuto senza la coscienza del Bene che ci ha fatti. Sono venuta via con queste parole in testa “non lasciare che un giorno me ne vada”. Non lasciare che io durante ogni giorno me ne vada… Ieri ci avete aiutati a cantarlo come una preghiera con tutta l’anima”.
Siamo grate infinitamente di aver incontrato don Giussani e il cristianesimo che offre una strada per guadagnare tutto. Rachele per tutta la sera ce lo ha ricordato: “In Paradiso c’era una sala ancor più piena del Rosetum a godersi la serata”.
Si può vivere così, ma soprattutto ne vale davvero la pena.
(Sara Petazzi e Lucia Margiotta)