Si possono avere vent’anni, una bella faccia, perfetta per la tv, e invece di andare a X Factor debuttare in qualche pub più o meno puzzolente di Bristol? Si può naturalmente, perché anche a vent’anni si può avere chiaro che la soddisfazione artistica, l’amore per il bello, passano dalle strade secondarie più che da quelle tutte luccicanti dello schermo televisivo.
George Ezra ha più o meno la stessa età e anche la rassomiglianza fisica di quel Justin Bieber di cui parlano le cronache mondiali in questo periodo, eppure il suo percorso musicale ha preso strade ben diverse. Quello che piace di più, è che queste strade, almeno fino a questo momento, sembrano pagare allo stesso modo, o almeno abbastanza. Il ventenne di Bristol infatti ha appena debuttato con un ep per la Sony, la stessa casa discografica che mette in palio il super premio di un contratto discografico per i vincitori di X Factor e fra un paio di mesi uscirà con il suo primo album completo. “I programmi televisivi come X Factor, i talent show in generale, attirano tanti ragazzi perché ti fanno credere che puoi diventare una star senza faticare. senza andare in giro a suonare ogni sera, svegliarti al mattino e riprendere la strada verso il prossimo locale. Insomma, faticare” ci ha detto George Ezra nel corso di una intervista.
George ha debuttato nei pub della sua città, Bristol, un nome lontano dalle mappe della musica che conta: “E’ una città tranquilla” dice “un po’ chiusa in se stessa, ma che in questo modo conserva una particolare attenzione per chiunque abbia voglia di mettere alla prova il suo talento e la sua creatività. Non è stato difficile, anche per la mia età, riuscire a ottenere degli ingaggi nei pub, è stata una bella scuola di formazione”.
Poi, capito che la musica prendeva sempre di più il suo interesse (“Ho scritto la mia prima canzone a 14 anni, ma fortunatamente non l’ho registrata, credo fosse terribile” dice ridendo) ha deciso di partire da solo per un lungo viaggio attraverso l’Europa in cerca di ispirazione: “Sono partito da Parigi, poi Amsterdam, Berlino, Vienna, Milano, Barcellona e di nuovo Parigi. Avevo con me la chitarra e scrivevo di continuo nuove canzoni”. Infatti nel suo ep c’è un brano che si intitola Budapest: “A Budapest in realtà non ci sono andato, ecco perché ho scritto una canzone su Budapest” spiega ridacchiando di gusto.
Il bello di questo ragazzo è che la musica che fa sembrerebbe non centrarci nulla con la sua età: “Sono cresciuto in una famiglia in cui si ascoltava molta musica, mio padre amava suonare la chitarra per hobby. Questo mi ha aiutato a formare un certo gusto musicale”. Le canzoni di George infatti sebbene arrangiate e prodotte in modo moderno, molto elettrico e di atmosfera, richiamano le vecchie ballate folk del Nord America. Se sentite la versione acustica del brano Did You Hear the Rain, che è anche il suo primo video clip, capirete cosa intendiamo: “I giovani della mia età ascoltano un sacco di musica pop davvero pessima. La prima volta che ho sentito quel genere di musica, la musica folk, Woody Guthrie e Bob Dylan, non ho più potuto fare a meno di ascoltarla, quella è la musica che voglio cercare di fare”.
E’ strano che un giovane sia affascinato da queste antiche canzoni, ma d’altro canto il successo di una band come i Mumford and Sons dimostra quanto alcuni giovani di oggi abbiano caro questo interesse: “Credo sia dovuto al affatto che questo genere di canzoni raccontano delle storie, vere, reali, e che ogni volta che le ascolti scopri qualcosa di nuovo. C’è dentro qualcosa, un contenuto, è una sfida cercare di catturarlo, per questo mi piacciono”.
Ed ecco perché George Ezra suona anche chitarre “antiche: “Dal vivo suono sempre una Gretsch del 1959, poi ho anche una Gibson del 1956. Hanno un suono straordinario” dice soddisfatto.
E con quella Gretsch lo si può vedere esibirsi in uno straordinario video girato la scorsa estate al leggendario festival di Glastonbury: un grande carisma, una voce incredibile che sembra quella di un bluesman di sessant’anni tanto che se non vedessi il video non crederesti mai che a cantare sia un ragazzo di vent’anni. “Ero davvero nervoso al pensiero di esibirmi a Glastonbury, un festival con una storia incredibile. Quando ero lì in quei gironi ad esempio dovevano esibirsi i Rolling Stones, figurati l’emozione di trovarmi in un tale ambiente… Mi sono esibito nella tenda destinata ai nuovi talenti, c’era un sacco di gente, credo che più della metà fossero lì solo perché incuriositi di vedere chi ero e cosa sapevo fare. E devo dire che sono stati un pubblico fantastico”.
Adesso, fra un paio di mesi, arriverà il suo primo disco completo. Chissà dove lo porteranno le strade secondarie che ha scelto, chissà se la sua integrità di oggi resisterà al mondo spesso violento e brutale dell’industria musicale: “La bellezza della musica folk è che sei parte di una catena, ognuno segue l’altro e riprende la torcia da portare nel mondo. Adesso forse ce l’ho io… almeno fino a quando non arriverà un altro” saluta sorridendo. Tieni viva la buona musica George, ce n’è bisogno. Il prossimo 13 marzo sarà in concerto a Milano: è l’occasione buona per vedere dal vivo il suo talento.