Fa tenerezza il giovanissimo Kaligola, vero nome Gabriele Rosciglione, che con i suoi 16 anni cerca di calarsi nel fraseggio da rapper. La sua vocina, la sua pronuncia fanciullesca centra poco o niente con una musica, l’hip hop, che nasce come musica cattiva dei ghetti e delle periferie e lui fa altrettanto fatica a cercare di stare dietro al ritmo e alle rime precise. Non a caso si è scelto un ritmo lento e non a caso la canzone, Oltre il giardino, decolla quando c’è il ritornello, cantato e melodico, in cui Kaligola fa miglior figura. La canzone che presenta al festival parla di un personaggio misterioso e un po’ fiabesco, un uomo, “Giovanni ha 64 anni” dice, che per qualche problema mentale è rimasto come un fanciullo (“Ha affermato la sua mente all’altezza del cuore”). Bazzica dei giardinetti dove tutti i bambini lo conoscono e gli vogliono bene (“Lo si può trovare sempre al parco comunale un angelo barbone che fa guardia contro il male per i grandi è solamente un matto da evitare ma lui veglia sui bambini perché l’orco può tornare”). A poco a poco si capisce di più di questo personaggio, “un santo barbone” che “solo il 10 novembre nella nebbia del mattino puoi sentirlo urlare il nome di un bambino”. E’ un papà il cui figlio è morto, forse per colpa sua (“controllava la sua vita ma quella di suo figlio dalle dita gli è sfuggita”) e da quel giorno ha perso il senno. Un papà come tanti che portava il suo bambino in quei giardinetti a giocare (“Il tempo è denaro non si può sempre giocare ti ho portato anche ai giardini fammi lavorare questo sempre diceva ma è stato tanto tempo fa ora il figlio non chiama non cerca il suo papà”). Ecco: una canzone dal contenuto drammaticissimo, terribile, stupisce che questo giovane ragazzo abbia scritto un testo così profondo e così doloroso, davvero bello. Probabilmente il testo più bello di tutto il festival.