L’ufficio stampa del Festival di Salisburgo, abilmente guidato dalla Signara Ulla Kalshmair, ha una posizione unica al mondo: è situato nella Toscanini Hof (Torre Toscanini) da dove una spaziosa terrazza permette di ammirare il centro storico barocco della città, le stradine medioevali, la residenza del Principe Arcivescovo, La Rocca, il fiume e le colline. Un panorama unico al mondo. Inoltre, caffè e cioccolatini sono sempre disponibili.
E’, quindi, comprensibile che sia luogo di incontri a volte formali, a volte del tutto informali tra critici e artisti. Ne abbiamo approfittato per scambiare due idee con Moshe Leiser e Patrice Caurier, registi preferiti da Cecilia Bartoli impegnati in questo festival estivo in due produzioni Norma di Bellini e Iphigénie en Tauride di Gluck e che la sera di Sant’Ambrogio saranno tra i protagonisti dell’inaugurazione della stagione della Scala con Giovanna d’Arco, un titolo verdiano che appare raramente (ne ricordo solo due edizioni nell’ultimo quarto di secolo, a Bologna ed a Parma).
Ovviamente su Giovanna d’Arco vige il top secret, ma non mancheranno sorprese: Norma è ambientata nella Vichy della Resistenza e nella scena-chiave (quella del sacrificio umano agli Dei dei Tauri) di Iphigénie en Tauride, Christopher Maltman (Oreste) appare (e canta) completamente nudo.
Moshe Leiser e Patrice Caurier spiegano che le loro regie non iniziano sul palcoscenico, ma in una sala dove discutono con i cantanti nota dopo nota e parola dopo parola ‘Dobbiamo scevrare emozioni profonde e entrare negli aspetti estremi del dramma. Il pubblico viene all’opera per comprendere il testo non solo per ascoltare magnifica musica; concentrarsi solo sulla musica, vuole dire perdere il novanta per cento dell’intensità del lavoro. Cecilia Bartoli – aggiungono – è nota per la sua acrobatica coloratura ma da importanza estrema all’azione drammatica. I cantati sono al servizio della partitura’. Teniamolo presente quando andremo all’inaugurazione della Scala.
Con un altro protagonista del Festival, Daniel Barenboim, la conversazione non può non cadere su Pierre Boulez ,’la personalità più importante nella musica contemporanea’ ed ‘un amico che mi ha accompagnato nella mia carriera’. In questo Festival che dedica nove concerti al novantesimo compleanno di Boulez, Barenboim e la ‘sua’ orchestra West-Eastern Divan Orchestra (composta di giovani strumentisti israeliani e palestinesi nella convinzione che la musica è la via della pace) eseguono non solo Wagner, Schoenberg, Tchaikovsky e Debussy, ma anche due lavori di Boulez nella sezione ‘ Salzburg contemporary: sur Incises and Dérive 2. Boulez ha complemente cambiato il mondo musicale sotto diversi aspetti. Chi ascolta ‘Incises ‘ per la prima volta è convinto che Boulez utilizza strumentazione elettronica anche se non ce ne è neanche una nota’’.