Beatles, “Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band”: Nel luglio 1966 i Beatles tennero il loro ultimo concerto, a San Francisco. Non ne potevano più di folle di ragazzine isteriche che urlavano per tutto il tempo coprendo anche il suono. Non fu un annuncio ufficiale, ma da quel momento i Fab Four sparirono dalla circolazione. Si rinchiusero in studio a lavorare, divertendosi un mondo con tutti i macchinari che gli studi di Abbey Road, usati anche dalla BBC, offrivano: una raccolta di suoni naturali come la pioggia piuttosto che il rumore delle macchine e quant’altro usati come effetti speciali. Non stavano giocando, stavano esplorando.
Già gli ultimi due dischi, Revolver e Rubber Soul, avevano mostrato che George, John, Ringo e Paul, benché la giovanissima età, non si rivolgevano più a un pubblico adolescenziale ma volevano esplorare se stessi e la musica. Decisiva fu l’uscita nel 1966 di un album del gruppo americano dei Beach Boys, Pet Sounds, che aveva rivoluzionato il mondo di lavorare in studio e di produrre canzoni pop, piccole suite in cui inglobare più cose possibili. Lo scopo divenne fare un disco ancora migliore di quello. Con l’uso abbondante di Lsd, dimostrazione che la droga può anche avere effetti positivi se si sa maneggiarla, ai tempi intesa non come uso distruttivo come poi è diventata per fuggire dalla realtà, ma per entrare ancora di più nella realtà stessa (per decennis i è dibattuto se le iniziali dle brano Lucy in the Sky with Diamonds, fossero volutamente quelle di LSD), ma come possibilità di allargare le aree di percezione e realizzione artistica, i Beatles superarono quel disco dei Beach Boys e pubblicarono l’opera rock più maestosa, avveniristica, ambiziosa e futuristica mai incisa da alcuno e che ancora oggi, 50 anni dopo, rimane tale: insuperabile. Ovviamente fu decisivo come sempre nella loro carriera, il quinto Beatle, il produttore George Martin che li aiutò a definire il sound portando anche componenti classiche.
La bellezza delle loro capacità compositive c’era tutta, basti pensare a brani come With a little help from my friends, She’s leaving home, A day in the life. Tanta abbondanza che poterono permettersi il lusso di lasciare fuori pubblicandole su 45 giri due canzoni straordinarie come Penny Lane e Strawberry Fields Forever. Tutto in questo disco doveva essere fuori della norma, anche la copertina, disegnata dall’artista Peter Blake che vedeva tutti insieme i personaggi storici del momento, da Dylan a quelli della letteratura come Lewis Carrol, addirittura Carlo Marx.
Per l’occasione, domani primo giugno esce una edizione speciale del disco contenente moltissime prove in studio, la versione mono e quella stereo, in tutto 6 cd, un librone di oltre 140 pagine e tante memorabilie. Il film invece che esce sempre in questi giorni nei cinema del regista Alan Parker è un brutto documentario privo di alcuna novità, una raccolta di materiale visto e stravisto.
Da allora non c’è artista o gruppo musicale che in qualche modo non abbia pescato da queste magiche intuizioni, cercando di rubare qualcosa, ma è una operazione impossibile: nessuno raggiungerà mai il genio de Beatles, i Mozart del XX secolo.