Già membro dei Lowlands, una delle più interessanti band del circuito Americana italiano, laureata in violino al conservatorio, ideatrice di numerosi appassionanti progetti come la rilettura di brani rock per quartetto d’archi, collaboratrice dell’ensemble folk Yo Yo Mundi, Chiara Giacobbe arriva al suo album di debutto, dopo un interessante ep di un paio di anni fa.
Intitolato alla Chiara Giacobbe Chamber Folk Band (una sorta di “gruppo da camera folk”), “Lionheart” conferma le belle capacità di crossover di questa musicista tra classico e folk, tra rock e canzone d’autore, questa volta virando decisamente verso il rock d’autore americano, con il suo violino sempre bene in primo piano. Un disco che già dall’iniziale Let You Breathe, un irruente e grintoso brano rock, mostra la voglia e la capacità di aprirsi a tante strade diverse. Canzone sostenuta da riff incalzanti e drumming potente, ha nel violino brioso, scattante, eccitante la sua cifra. La successiva No More Blues è una rock ballad che trova nei confronti con cantautrici di classe come Mary Chapin Carpenter o Rosanne Cash i suoi punti di riferimento, con sempre il violino in elegante primo piano.
Pet Lion, strumentale, è un pezzo che appassiona per l’incrociarsi del violino, dal suono classico pieno di malinconia, e la base rock, con un ottimo assolo di chitarra, un brano di difficile interpretazione che ci ricorda i giorni antichi del progressive country (ricordate Jean-Luc Ponty?), quando la sperimentazione era un linguaggio di molti. Piace e molto la folk ballad Alice, mentre in I Can’t Get Over You, Chiara Giacobbe offre la sua miglior performance vocale, rabbiosa e piena di nostalgia con più di un riferimento a Ani Di Franco. Allo stesso tempo e anche il pezzo che risulta più riuscito dell’intero disco. My Mexico è il secondo strumentale del disco, sembra quasi di sentire il violino “indemoniato” di Paganini incrociarsi ad atmosfere fusion. Una strumentista di altissima classe, Chiara Giacobbe.
Deliziosa Blessed Be, gioiellino acustico sostenuto da un fingerpicking di matrice folkie purissima.
Un disco coraggioso, in un panorama musicale che manca spesso di originalità. Chiara poi se la cava molto bene con l’inglese, lingua con cui sono state composte e incise tutte le canzoni, cosa che non succede facilmente in progetti analoghi,
Molti i musicisti che hanno collaborato al progetto, tutti validi esecutori, tra cui spicca Paolo Bonfanti, chitarrista di lungo corso, uno dei migliori nel nostro panorama musicale.