RECENSIONE/ Live in London, il nuovo album di Leonard Cohen
Il prossimo 30 marzo uscirà il nuovo doppio album dal vivo del 75enne cantautore e poeta canadese Leonard Cohen. Ventisei canzoni nell’emozionante concerto dello scorso luglio alla O2 Arena di Londra. La recensione di PAOLO VITES

«Questa canzone nasce come una preghiera, in un momento difficile della mia vita».
If It Be Your Will, se questa è la tua volontà, viene dapprima recitata, la voce profonda e antica come il profeta che declamava i suoi versi davanti al tempio di Salomone. Poi la stessa voce aggiunge «adesso la canteranno le Sorelle Webb». The Webb Sisters – splendido duo femminile che insieme a una terza vocalist, la nera Sharon Robinson, hanno accompagnato il poeta per tutto il suo inaspettato, sorprendente tour del ritorno alle scene – intonano meravigliosamente, con vere voci angeliche, la canzone scritta da Leonard Cohen.
È uno dei momenti più toccanti e incisivi di un disco che è tutto toccante e incisivo, il doppio cd (anche su dvd) uscito in questi giorni dal titolo “Live in London” e che documenta il concerto tenuto appunto a Londra, alla 02 Arena la scorsa estate, nel corso del tour mondiale che ha anche toccato l’Italia due volte e che ha visto la bellezza di 700mila spettatori in 84 concerti.
If It Be Your Will è dunque una preghiera («Se è la tua volontà che io non parli più e che la mia voce rimanga silenziosa, come lo era prima, non parlerò più… Se è la tua volontà che una voce sia vera, canterò per te») come lo sono in fondo tutte le canzoni di questo straordinario artista 74enne. Che canti l’amore carnale, il desiderio o la perdita, un mondo imbestialito tra “matrimoni spezzati” e “bambini non nati”, o finanche il misterioso atto del creare una canzone, Leonard Cohen sta pregando. È evidente in Anthem, canzone che esalta la natura del cuore dell’uomo: «Suona le campane che ancora possono suonare, dimentica la tua offerta perfetta. C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che passa la luce».
Ventisei canzoni che passano in rassegna una carriera cominciata nel 1968, da Suzanne fino alla recente Boogie Street, passando per brani di struggente bellezza come Hallelujah o Bird on the Wire.
Accompagnato da un ensemble elegante che sparge con discrezione umori jazz, soul e folk, specialmente il bravo tastierista Neil Larsen e il multi strumentista Javier Mas, Cohen si esibisce con eleganza sembrando stupirsi lui stesso di canzoni che raramente permettono di vedere un autore mettersi così a nudo davanti al suo pubblico. E il pubblico percepisce questo, con larghi e affettuosi scrosci di applausi. Allora hanno senso le parole di giornali come l’irlandese “Independent”, che ha scritto: «Quando (…) Cohen si trova sul palco, non ci si più aspettare nulla di meno di un evento culturale di dimensioni bibliche».
Un documento prezioso allora, da conservare e a cui tornare a lungo, questo “Live in London”, testimonianza di un modo di intendere la canzone e l’arte come porta aperta al mistero. Un mondo che va scomparendo sempre più, non solo nella canzone.
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