Il fondatore dei Buffalo Springfield e leader di Crosby Stills Nash & Young si è esibito in tre date italiane, chiudendo allo Smeraldo di Milano. Gli anni trascorsi, il tumore vinto si fanno sentire, ma il cuore c'è ancora. Il commento di PAOLO VITES
Una vecchia canzone degli anni Cinquanta diceva che il suo protagonista non avrebbe mai smesso le sue “rock’n’roll shoes”, le sue scarpe da rock’n’roll, e tutti quelli che sono venuti dopo l’hanno preso sul serio. La pensione non sembra un’ipotesi accettabile per nessuno di coloro che questa musica l’hanno fatta e vissuta in prima persona, anche se hai 40 anni di carriera sulle spalle, un fisico provato da anni di dedizione alle droghe e all’alcool e finanche sei appena uscito (bene) da un tumore alla prostata. E’ il caso di Stephen Stills, leggendaria voce della California alternativa di fine anni Sessanta e Settanta, fondatore dei Buffalo Springfield con Neil Young e con lui leader di Crosby Stills Nash & Young, il gruppo che negli anni Settanta fu definito, per successo e bontà artistica, l’erede dei Beatles.
Ha suonato a Milano in un Teatro Smeraldo con parecchie file vuote e purtroppo ha confermato che forse a una certa età il pensionamento non sarebbe un’ipotesi da scartare: la voce fortemente deteriorata e anche evidenti problemi a suonare la chitarra acustica, lui che da giovane era uno dei talenti più brillanti al mondo di questo strumento. Nonostante questo ha dato vita a un primo set acustico da solo in cui ha indossato le vesti del folksinger da coffee house, con una bella rilettura della dylaniana Girl from North Country e un’intensa The Blind Fiddler, pezzo della tradizione popolare americana che risale al XIX secolo. Poi classici della sua lunga storia, come Johnny’s Garden , l’inno anti guerra in Vietnam Find the Cost of Freedom e finanche la difficilissima da eseguire da solo Suite Judy Blue Eyes, cavallo di battaglia di CSNY.
Il secondo set, elettrico con band, è stato all’insegna di un buon blues, solido e ruspante, in cui la chitarra elettrica ha ricordato che quest’uomo una volta duettava con Jimi Hendrix ed era secondo solo a Eric Clapton.
Qualche intenso slow blues, vecchie glorie dal repertorio dei Buffalo Springfield (Bluebird, con lunga coda psichedelica, e la classica For What Is Worth), una splendida Old Man Trouble, classico della canzone nera americana esegutia al pianoforte e poi un lungo medley finale di incandescente rock-blues citando la classica Rocky Mountain Way. Il cuore c’è ancora, la forma fisica un po’ meno.
I vecchi rocker non si toglieranno mai le loro scarpe da rock’n’roll.