Salò, la cittadina sul Lago di Garda immortalata nel terribile e orrendo film di Pasolini “Salò o le cento giornate di Sodoma”, capitale dell’effimera Repubblica omonima, fondata da Mussolini come ultimo bastione del fascismo. Un nome che ancora oggi, almeno a chi ha una certa età, mette i brividi. E come tante altre città italiane ancora oggi, si fregia della cittadinanza onoraria concessa al Duce dal commissario prefettizio di Salò nel 1924. Come tante altre città, si è tentato anche qui di togliere questa incredibile onorificenza, all’uomo che ha causato milioni di morti fra gli italiani. Ma a differenza di quanto sta succedendo quasi dappertutto, a Salò Mussolini rimane cittadino onorario, Il Consiglio comunale ha infatti respinto a maggioranza la mozione per la revoca. Una maggioranza guarda caso di centro destra, 14 voti contrari, tutti quelli della maggioranza più due della lista di minoranza vicina allaLega.
LE CENTO GIORNATE DI SODOMA
Per la revoca i soli tre consiglieri del gruppo che ha ovviamente proposto la revoca, appartenenti all’opposizione. Le motivazioni del sindaco Giampiero Cipani sono inspiegabili e non hanno alcun senso: “l’unico modo per debellare l’ideologia sbagliata del fascismo è dimostrare con i fatti che la nostra idea di Stato, liberale e democratico, è quella giusta, è una mozione strumentale e anacronistica”. Lo vada a dire a tutti gli italiani arrestati, spediti nei campi di concentramento tedeschi, fucilati, perché giustamente rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò, condannata così a rimanere per sempre la città di Sodoma. In sostanza, queste persone sono anche loro “strumentali e anacronostici”, dimentichiamoli. Che vergogna. Ma le idiozie purtroppo le dicono anche i sindaci di centrosinistra, forse per paura di perdere voti. Quando lo scorso anno Bergamo revocò la cittadinanza onoraria a Mussolini, il sindaco del Pd Giorgio Gori commentò che “la revoca non aggiunge nulla al tasso di antifascismo della città”. Eppure sono i fatti che contano, non le parole all’aria.