Mentre si avvicina l’approvazione della Nadef, riecheggiano ancora le previsioni di Commissione europea e Ocse secondo cui l’Italia, di fatto, nel 2024 non riuscirà a crescere dell’1% come si spera possa invece riuscire a fare quest’anno, con tutto quel che ne consegue a livello di parametri di finanza pubblica, stante anche l’incognita di regole fiscali europee su cui ancora non si è trovato un accordo. Abbiamo fatto il punto con Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano.
Professore, cominciamo dalla revisione sui conti economici nazionali comunicata dall’Istat venerdì scorso, cui si è guardato per capire se potessero esserci margini per Nadef e Legge di bilancio.
Ci si è in effetti focalizzati su questo aspetto, mentre la revisione al rialzo ha un significato dal punto di vista dell’economia reale molto importante, perché descrive un Paese che ha mostrato grande capacità di reazione. L’Italia, infatti, ha chiuso il 2022 con un Pil a +2,3% rispetto al 2019. Il biennio post-Covid è stato di grande recupero, in cui si sono anche raccolti i frutti di Industria 4.0, oltre che della grande ondata di fiducia che ha investito il Paese: una fiducia razionale dovuta a un contesto positivo da cui l’economia ha potuto trarre grande beneficio.
Alla fine, però, non sono emersi spazi fiscali utili per la prossima manovra…
L’Esecutivo eredita, purtroppo, la scelta fatta dal Governo Conte-2 sui superbonus edilizi che giudico doppiamente incredibile. In primo luogo, infatti, l’edilizia sarebbe ripartita comunque dopo un lungo ciclo negativo. Inoltre, il contributo alla crescita del Pil dell’incentivo non è stato così forte come si pensa: gli investimenti in abitazioni hanno contribuito al Prodotto interno lordo con un +2,1% al +8,3% complessivo nel 2021 e con un +0,6% al 3,7% finale nel 2022. Ritengo che un risultato simile sarebbe arrivato anche con un bonus al 70-75% anziché al 110%. In questo modo si sarebbe evitato uno spreco di risorse pubbliche che ha di fatto azzerato gli spazi fiscali che la revisione al rialzo comunicata dall’Istat avrebbe altrimenti messo a disposizione.
Cosa si potrà, quindi, mettere sul piatto con la Legge di bilancio?
Poco o niente: il mantenimento in essere di qualche misura di contrasto all’inflazione, fintanto che quest’ultima continuerà a mordere, e qualche forma di incentivo agli investimenti delle imprese.
Il 2023 si riuscirà a chiudere con un Pil in rialzo almeno dell’1%? E per il 2024 bisognerà rassegnarsi a una crescita inferiore?
Per arrivare al +1% quest’anno occorrerà un mini-rimbalzo nel terzo trimestre e un dato congiunturale non negativo nel quarto. Penso che si tratti di risultati raggiungibili. Per quanto riguarda il 2024, invece, ci sono due aspetti da considerare.
Quali?
Il primo concerne il Pnrr. Purtroppo non si riesce a capire quando e come si riuscirà davvero a sfruttare questa risorsa straordinaria e c’è da rammaricarsi per questo. Il secondo aspetto, invece, riguarda l’economia europea. Non so se ripartirà come dicono le ultime previsioni, se la Francia andrà effettivamente meglio dell’Italia e se la Germania rimbalzerà dopo quello che si deve considerare uno shock strutturale, visto che era abituata a potersi rifornire di gas russo a buon mercato e a continuare a esportare grazie a una fase euforica del commercio estero. Ci sono ancora comunque grandi incognite sul 2024, ma se l’Italia dovesse effettivamente crescere meno dell’1% non lo vedrei come un qualcosa di frustrante, anche perché gli altri Paesi non cresceranno tanto di più.
Le istituzioni europee non sembrano, però, molto preoccupate rispetto alla situazione economica dell’Ue.
Sembra mancare strategia. Per fare un esempio, fa piacere che ci si accorga finalmente del rischio di passare da una dipendenza russa per il gas a una cinese per quel che riguarda le batterie delle auto elettriche, ma come si concilia tutto questo con le strategie sulla transizione ecologica? È un’Europa che colpisce per la mancanza di visione strategica e penso sia anche la debolezza dei suoi due principali Paesi, Germania e Francia, a condizionare questa mancanza strategica.
L’Italia cosa può fare per “smuovere” l’Europa?
I tavoli europei sono terreni che, per essere movimentati un po’, richiedono anche di mettere in campo delle personalità di un certo peso, come poteva essere Draghi presidente del Consiglio. Oggi mi sembra difficile poter “smuovere” l’Europa, anche perché mancano grandi leader nell’Ue. Dobbiamo quindi giocarci in questo momento le carte che abbiamo in mano e difendere quel che poco di crescita che abbiamo: il Governo sta fortunatamente tenendo in asse la finanza pubblica, il vero salto di qualità potrebbe arrivare da una “scossa” sul Pnrr, che è l’unico vero strumento da cui può arrivare una scintilla per poter accendere un po’ di crescita aggiuntiva.
(Lorenzo Torrisi)
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