Le elezioni 2022 si sono contraddistinte per l’alta astensione, ma anche per il ribaltamento dei consensi. “La lettera della Cei e i messaggi del Papa hanno inquadrato perfettamente il problema: il rapporto con la politica è figlio dello scisma tra “io” e “noi”, della crescente asimmetria, largamente diffusa, tra diritti e doveri”, le parole di Nando Pagnoncelli, ricercatore sociale e presidente di Ipsos, ai microfoni di Avvenire.
Il bene comune non interessa più, ha proseguito l’esperto, l’atteggiamento dipende da un’asimmetria tra la dimensione individuale e quella collettiva che falsa la valutazione della politica: “Se ci interessasse il bene comune, i nostri parametri valutativi non sarebbero curvati sul bilancio tra ciò che mi aspettavo dalla politica e quello che è migliorato nella mia vita”. E il tramonto del bene comune implica questa volatilità del consenso, poiché la politica non riesce a soddisfare tutti i bisogni personali, ha rimarcato Nando Pagnoncelli: “Rifugiandoci nella dimensione individuale ci ritroviamo perennemente insoddisfatti e ci sentiamo sempre in credito verso la politica e verso gli altri, il che ci impedisce di riconoscerci in un bene comune”.
L’analisi di Nando Pagnoncelli
Per non rassegnarsi all’astensionismo e alla mobilità elettorale è necessario ridurre la frattura tra cittadino e collettività, l’argomentazione di Nando Pagnoncelli. Soffermandosi sul voto di domenica, l’esperto di sondaggi ha acceso i riflettori sulle tante contraddizioni che hanno portato gli italiani che applaudivano Draghi a votare chi lo ha mandato a casa: “Draghi, dalle dimissioni in poi, ha aumentato il proprio gradimento di otto punti e al contempo ha vinto il partito che era all’opposizione e i cinque stelle, responsabili (insieme ad altri) della fine del governo Draghi, hanno avuto un ottimo risultato. Pensi che tra gli elettori FdI l’indice di gradimento del premier è molto alto…”. Nando Pagnoncelli ha proseguito: “Siamo un Paese – ce lo dicono le serie storiche dei risultati elettorali di trent’anni – che attraversa fasi di innamoramento e disaffezione. Siamo l’unico Paese occidentale in cui le maggioranze escono sempre sconfitte dalle elezioni successive. Le pare normale che una forza politica come il M5s stravinca nel 2018 con il 32,7% e quindici mesi dopo perda 6,5 milioni di elettori scendendo al 17,1%, e la Lega, raddoppiando il consenso avuto alle politiche, trionfi alle Europee con il 34% e ieri sia crollato sotto il 9%? Difficile spiegarlo”.