Il naprossene (o naproxene) è utile nella lotta contro il coronavirus? Sui farmaci antinfiammatori non steroidei sono circolate anche fake news nelle scorse settimane riguardo la loro pericolosità. Timori infondati secondo l’Aifa. Un recente studio va invece verso un’altra direzione: ha scoperto che potrebbe essere potenzialmente utile contro Covid-19. Dalla ricerca, a cui ha lavorato Olivier Terrier del CIRI (Centre International de Recherche en Infectiologie) insieme ai ricercatori della Sorbona, è emerso che questo farmaco (in commercio col nome Momendol e Synflex), ritenuto efficace contro il virus dell’influenza A, può esserlo anche contro Sars-CoV-2. Gli scienziati hanno infatti scoperto che è in grado di inibire la replicazione virale e di proteggere l’epitelio bronchiale dall’attacco di Sars-CoV-2. Gli stessi ricercatori nello studio pubblicato su bioRxiv hanno fatto presente che i FANS sono stati oggetto di una misura precauzionale da parte del Ministero della Salute francese a metà marzo per quanto riguarda l’uso di questo farmaco nei casi di infezione da Covid-19, ma la ricerca apre nuovi scenari sul naprossene. Pare che riesca a ridurre la carica virale e l’infiammazione.
NAPROSSENE E CORONAVIRUS “FARMACO ANTIVIRALE AD AMPIO SPETTRO”
«È importante far notare che il naprossene ha il vantaggio di essere un farmaco generico, quindi disponibile e spesso usato per altre indicazioni», scrivono i ricercatori. Inoltre, hanno valutato la potenziale attività anti-coronavirus del naprossene in vitro. «Riduce efficacemente la replicazione virale nelle cellule VeroE6 della scimmia verde africana (Chlorocebus pygerythrus, ndr)». E hanno anche riscontrato un effetto antivirale differenziale nelle vie aeree che è stato osservato anche nel remdesivir. Questo farmaco si è rivelato efficace anche nell’inibizione della replicazione del virus Zika, da qui la convinzioen degli scienziati che possa avere un ampio spettro di proprietà antivirali. «La combinazione di claritromicina, naprossene e oseltamivir ha ridotto la mortalità dei pazienti ospedalizzati per infezione H3N2». I ricercatori ritengono questi primi risultati «molto incoraggianti», al punto tale che hanno deciso di procedere con uno studio clinico per valutare l’effetto dell’aggiunta del naprossene negli standard di cura dei pazienti gravemente malati.