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Home » Esteri » Russia » FLOTTA OMBRA RUSSA/ “Ecco perché l’Italia non supporta operazioni Nord Stream”

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FLOTTA OMBRA RUSSA/ “Ecco perché l’Italia non supporta operazioni Nord Stream”

Cinque navi attaccate, tutte passate da porti russi. L’ultima vicino alle acque libiche. I sospetti sugli ucraini e le analogie con il Nord Stream

Int. Giuseppe Morabito
Pubblicato 5 Luglio 2025
Una nave portacontainer al porto di Genova (Ansa)

Una nave portacontainer al porto di Genova (Ansa)

L’ultima esplosione ha riguardato una petroliera delle Isole Marshall di proprietà di una società greca, colpita mentre si trovava a 150 chilometri dalle acque territoriali libiche. Una nave che secondo l’intelligence ucraina apparterrebbe alla flotta ombra russa, usata per aggirare le sanzioni internazionali e continuare le attività commerciali legate al petrolio. È la quinta volta che succede negli ultimi mesi, sempre a danno di navi che sono transitate da porti russi.


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Un’operazione, osserva Giuseppe Morabito, generale dell’esercito, fondatore dell’IGSDA e membro del collegio dei direttori della NATO Defense College Foundation, che ricorda il sabotaggio del Nord Stream e potrebbe far pensare a un coinvolgimento ucraino, anche se non ci sono prove certe per sostenere una tesi del genere.


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Un’azione di questo tipo, comunque, può essere realizzata solo da esperti, militari e non, con competenze specifiche, anche se gli incursori avrebbero bisogno di sommergibili forniti da Paesi amici per avvicinarsi alle navi da attaccare o nuclei di appoggio nei porti coinvolti nell’operazione.

Una nave della flotta ombra russa, utilizzata per trasportare petrolio e aggirare le sanzioni internazionali, danneggiata da un’esplosione a bordo. E non è la prima. Chi sono i sabotatori del Mediterraneo?

Negli ultimi mesi sono stati segnalati almeno cinque casi del genere. Coloro che hanno agito in queste situazioni sono sabotatori addestrati che si avvicinano alle navi quando sono in porto o al largo e usano le Limpet, mine che grazie a un magnete vengono posizionate sulla parte che si vuole danneggiare (timone, motore, elica) e fatte esplodere verso l’interno della nave.


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Tecnicamente, quindi, bisogna agire in questo modo. Ma qual è la lettura geopolitica di questi incidenti? Perché accadono?

Le navi attaccate sono russe oppure, pur battendo bandiere di altra nazionalità, appartengono o sono riferibili ad armatori russi. Sono le cosiddette “navi ombra”. L’obiettivo è colpire gli interessi russi. Se le mine vengono posizionate là dove si trova il carburante rischiano di causare incidenti che possono mettere in pericolo intere zone del Mediterraneo, inquinandolo. Da questo punto di vista anche l’Italia ha interesse a evitare disastri di questo tipo. Se si scaricano in mare migliaia di barili di petrolio, esso può arrivare anche sulle nostre coste.

L’ultimo attacco, ai danni della petroliera Vilamoura, appartenente alla cosiddetta “flotta ombra” russa è stato rivelato dalla Direzione principale dell’intelligence del Ministero della Difesa ucraino. La matrice di queste azioni è ucraina?

Se le navi sono in porto ci si può avvicinare partendo dalla costa, se invece sono al largo bisogna utilizzare mezzi subacquei magari messi a disposizione da Paesi amici. Gli ucraini hanno riferito i fatti, ma non hanno rivendicato le azioni. Torniamo, insomma, all’enigma del gasdotto Nord Stream.

In quel caso sembra assodato che si sia trattato di un commando ucraino. È così anche stavolta?

Si dice che il Nord Stream sia stato sabotato da un commando ucraino, ma non c’è la certezza assoluta. Alcuni Paesi stanno ancora cercando di provarlo con sicurezza. Si può ricondurre tutto all’Ucraina, ma, appunto, i sabotatori non bastano, servirebbero anche i sommergibili per avvicinarsi agli obiettivi da colpire.

L’Italia potrebbe essere un Paese amico che ha collaborato con i commando autori di queste esplosioni?

Lo escludo. Non permetterebbe di mettere a rischio anche le sue coste attaccando una petroliera.

E gli americani?

Se devo indicare un Paese coinvolto penserei a una nazione che non è nel Mediterraneo. Penso che nessuno dei Paesi che si affacciano su questo mare metterebbe a rischio le sue acque. Potrebbero farlo, forse, altri Paesi, lontani dal Mare Nostrum e che hanno a disposizione sommergibili per trasportare gli incursori il più vicino possibile alle navi. Si tratta di azioni prettamente militari: è difficile pensare che non siano portate a termine da militari o da contractor. Bisogna avere delle conoscenze specifiche e avere la disponibilità delle mine. Gli armatori che hanno interessi economici comuni con la Russia, intanto, stanno già cominciando a pensare di difendere le navi.

Come tipo di intervento, ricorda certe modalità scelte dall’Ucraina per colpire la Russia: droni sulle fabbriche di armi, sulle raffinerie. Un elemento che almeno in ipotesi può confermare la matrice ucraina?

L’Ucraina sta conducendo anche una guerra ibrida, però non si può mettere la mano sul fuoco che la responsabilità degli attacchi alle navi sia da attribuire a Kiev. Quello che è sicuro è che questi attacchi non sono una coincidenza.

La Russia usa queste navi per “contrabbandare” petrolio?

Le usa per fornire di petrolio i Paesi che non aderiscono all’embargo nei suoi confronti. Lo fa servendosi di navi possibilmente di armatori non russi, che non siano direttamente riconducibili a Mosca. Gli armatori ci guadagnano perché affittano le loro navi per determinati viaggi.

La Grecia starebbe pattugliando zone non lontane da quelle che sono state teatro delle incursioni, anche se ufficialmente si tratta di controlli anti-migranti. In questo contesto, però, bisogna tenere conto di un contenzioso marittimo proprio della Grecia nei confronti della Turchia, che ha stretto un accordo con la Libia contestato da Atene. Sono due questioni che vanno di pari passo o sono su piani che non si incontrano?

Credo che la Grecia controlli il mare anche per evitare eventuali danni ecologici. Certo, ha interesse a mantenere alta l’attenzione anche alla luce dell’intesa tra Libia e Turchia sui confini marittimi. Si tratta di una questione che tornerà d’attualità quando si cominceranno a sfruttare i giacimenti dell’area in questione. Ankara, comunque, in Libia sostiene il governo che ha sede nella zona di Tripoli.

Una querelle che può intaccare anche gli interessi italiani? 

La preoccupazione dell’Italia deve andare al controllo di sicurezza del tratto adriatico in cui c’è il gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline) che prima di arrivare in Puglia attraversa la Turchia, la Georgia, la Grecia e l’Albania, per la quale si sta pensando al raddoppio delle forniture. L’Italia deve salvaguardare, oltre al gasdotto appena citato, che viene dall’Azerbaijan, anche il Greenstream, che va dalla Libia al nostro Paese (in Sicilia).

(Paolo Rossetti)

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