Secondo una recente dichiarazione rilasciata dall’ex ministro della Difesa di Israele, Avigdor Liberman, il primo ministro di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu, starebbe conducendo una campagna per armare il gruppo filo-islamico chiamato Abu Shabab, operativo all’interno della Striscia di Gaza – e soprattutto nei paraggi del valico Kerem Shalom, controllato dall’esercito israeliano – e che avrebbe l’obiettivo ultimo di destabilizzare il potere di Hamas, forse addirittura di sostituirlo in un futuro governo: una mossa che non stupisce particolarmente, dato che avrebbe – al di fuori di Israele – diversi precedenti noti e che non rappresenterebbe neppure un crimine da parte di Netanyahu, tanto che lo stesso Ministero della Difesa avrebbe confermato la circostanza.
Partendo dalle parole di Liberman, secondo l’ex ministro intervistato dall’emittente Kan, il premier Netanyahu starebbe favorendo l’ascesa militare e (potenzialmente) politica del gruppo Abu Shabab, concedendo loro un ampio spazio di manovra all’interno del territorio di Gaza controllato dall’IDF e fornendo anche le armi necessarie per combattere contro Hamas: interpellato dal Times of Israel, il Ministero della Difesa di Israele ha confermato la fornitura di armi con il benestare del primo ministro, precisando che il Gabinetto di guerra non avrebbe fornito alcuna approvazione.
Chi sono i miliziani Abu Shabab armati da Netanyahu: l’autoproclamata forza popolare per liberare Gaza da Hamas
Insomma, a Gaza si ripete la storia già vista con le milizie irachene “Consiglio del Risveglio”, finanziate dagli USA nel 2000 per combattere contro al-Qaeda, oppure con i mujaheddin finanziati sempre dagli USA in Afghanistan; mentre resta da capire chi siano effettivamente i miliziani del gruppo Abu Shabab: vicini agli ambienti estremisti musulmani, risultano avere contatti diretti con l’ISIS e il terrorismo islamico, ma la loro natura è abbastanza dubbia.
Secondo quanto dichiara il leader di Abu Shabab – ovvero Yasser Abu Shabab – si tratta di una “forza popolare” che combatte al fine di proteggere i civili palestinesi e garantire che gli aiuti umanitari non siano saccheggiati da quello che definiscono “il governo di fatto terroristico di Hamas”, millantando una non confermata legittimità da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese; mentre, stando al parere di Hamas, si tratta di uno “strumento dell’occupazione israeliana per frammentare il fronte interno palestinese”, con alcuni testimoni che accusano i miliziani islamici di chiedere il pizzo agli autisti dei camion con gli aiuti umanitari e di picchiarli e saccheggiarli nel caso non collaborino.