NEW YORK – “Qui comincia una vita nuova”, scriveva Dante Alighieri nel 1294 dopo l’incontro con Beatrice. “Here begins a new life” rilanciamo noi 731 anni dopo, alla vigilia del New York Encounter numero 17. Non so che effetto faccia a Dante di lassù questo ponte lungo 731 anni che lo ha portato fino al Metropolitan Pavilion di Manhattan, New York City. Lo ha portato ad offrire uno spunto attorno al quale costruire un weekend “to explore how memory and hope shape daily life”, per esplorare come memoria e speranza modellano la vita quotidiana, dal lavoro agli affetti, dall’educazione alla socialità.
Un ponte lungo settecento anni per Dante, solo 17 per noi. Pochi? New York City è un affascinante tritacarne dove tutto scorre velocemente e dove le cose in larga misura non durano granché. L’Encounter invece sì, e non solo dura, ma cresce. Cresce di anno in anno e si fa più bello in quel che offre, sempre così pieno di vita come un’avventura che via via si fa più impegnativa, fosse anche solo per la sfida economica ed organizzativa che pone.
Eppure quell’ingenua baldanza che 17 anni fa aveva infiammato tre amici è ancora “alive and kicking”, viva e vegeta, anzi, cresce anche lei, tra mille difficoltà, i capelli ormai più che bianchi e gli acciacchi che bussano sempre più insistentemente alla porta di casa. L’ingenua baldanza di chi è certo del valore e dell’universalità di quel che ha incontrato e vuole ridonarlo.
Una traccia di “vita nuova”. Nel tempo tanti si sono andati aggiungendo, portando il loro contributo alla costruzione di questo ponte fatto di uomini in perpetua ricerca che è l’Encounter. Ognuno degli oltre quattrocento volontari è un costruttore. Chiunque partecipi con occhi, orecchie e cuore spalancati è un costruttore.
Così, non per caso, Venerdì 14 febbraio apriremo le porte del Metropolitan Pavilion con Philippe Villeneuve, capo architetto della ricostruzione della Cattedrale di Notre-Dame di Parigi. Costruire e ricostruire, macerie e rinascita, passato e presente, cercando di abbracciare e comprendere la fatica dell’uomo moderno ed il suo difficile rapporto con il passato. Oggi piu’ che mai l’America – Trump o non Trump – ha bisogno dell’Encounter. Piccolo seme di infinita Speranza.
Si comincia, ed ancora una volta si paleserà la sfida vera: non quella dei problemi di budget e logistici, ma quella della costruzione di una cattedrale aperta a tutti, di un ponte che arrivi a tutti.
Tutto ciò che l’Encounter 2025 offrirà, avrà, sarà fatto di questo. Basta dare un’occhiata al programma per capirlo. E se volete potrete viverlo con noi. Fate un salto sul nostro website ed accompagnateci. Mi raccomando: occhi, orecchie e cuore spalancati, perché “here begins New York Encounter, here begins a new life”.
God Bless America!
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