Parlare di energia nucleare è sempre stato difficile. E se parlare di nucleare è complicato, farlo in Italia – uno dei paesi OCSE con il più basso tasso di alfabetizzazione scientifica – lo è ancora di più.
Sono fermamente convinto che la maggior parte delle paure e dei pregiudizi legati a questa fonte di energia siano dovuti alla natura intrinsecamente complessa di questa tecnologia, che ci appare lontana, incomprensibile e innaturale. Tutti noi abbiamo familiarità con il sole, il vento, l’acqua e tutto sommato anche con i combustibili fossili. Sappiamo che bruciare gas e carbone comporta rischi significativi, ma tutto sommato ormai è abitudine.
D’altra parte però, chi di noi può dire di aver mai visto una reazione di fissione nucleare? Il mondo atomico appartiene ad un universo a noi sconosciuto. Ed è proprio qui che nasce la paura. Come diceva Marie Curie, “nella vita non c’è niente da temere, solo da capire”.
E a proposito del “voler capire”, cerchiamo di fare brevemente chiarezza su questa così controversa tecnologia. Se il dibattito politico su questa fonte di energia pare non essere mai stato chiuso, quello scientifico è chiuso da decenni.
I 440 reattori nucleari oggi operativi nel mondo, siano essi di seconda o terza generazione (fonte IAEA) rappresentano già l’avanguardia della produzione di energia sostenibile sotto ogni aspetto. Ad oggi non esiste una fonte più pulita di quella nucleare, non esistono infatti impianti di generazione in grado di soddisfare standard di sicurezza anche solo minimamente paragonabili a quelli delle centrali a fissione e la filiera nucleare rimane uno dei settori più tecnologicamente avanzati sulla Terra, forse paragonabile solo a quello dell’aerospazio.
Parlare di nucleare oggi significa aprire ad una fonte di energia costante e programmabile, perfettamente integrabile con le rinnovabili, altrimenti insufficienti a soddisfare la crescente domanda di energia. Tuttavia, non tutti i kWh sono uguali. Il valore dell’energia prodotta dal nucleare è elevatissimo, trattandosi di elettricità che sai che c’è e quando c’è. Ed è proprio questa caratteristica a rendere il valore aggiunto dell’elettricità nucleare insostituibile per l’industria. Come recentemente evidenziato dal report Draghi, non c’è competitività senza industria e non c’è industria senza elettricità economicamente sostenibile.
Venendo all’Italia, è evidente che sia arrivata l’ora di prendere una decisione.
E in un certo senso l’opinione pubblica ha già scelto. Tutti i più recenti sondaggi (es: SWG) dimostrano come la maggioranza degli italiani appoggi questa fonte di energia, del tutto o in parte. Un altro dato interessante riguarda gli indecisi, che rimangono costantemente più dei contrari. È evidente come il lavoro da fare, soprattutto in termini di comunicazione, sia ancora importante. Ma il terreno è più fertile che mai, ed è ora che la politica (e l’industria!) cominci a coltivarlo come si deve, per poi coglierne i succosi frutti.
Mi permetto di sottolineare un fatto senza precedenti e troppo spesso dimenticato: alla guida di questo radicale cambio di opinione sono proprio le nuove generazioni, dai licei in su. I giovani infatti, non sono afflitti dalle stesse traumatiche ripercussioni psicologiche causate da incidenti passati che ancora oggi impattano le fasce più anziane della popolazione. Questo è un caso unico di questa epoca, nonostante stia avvenendo contemporaneamente in tutto il mondo (fonte: Report Radiant Energy Group).
Ma l’opinione pubblica non è l’unica ad aver scelto: in questo preciso momento più del 15% della nostra elettricità è di importazione. Di questo 15%, buona parte è nucleare francese, svizzero e sloveno. In un certo senso possiamo dire che anche la rete elettrica ha già scelto al posto nostro, seppur obbligata: abbiamo smesso di produrre energia nucleare per comprare quella degli altri. Decisione che, col senno di poi, avrebbe richiesto una riflessione più ponderata.
In conclusione, che cosa ci vuole per riportare il nucleare in Italia?
La risposta è che serve coraggio e leadership. La politica deve fare dieci passi avanti e realizzare che il momento per il nucleare è adesso, non domani. E se lo deve fare, che lo faccia fino in fondo, senza nascondersi dietro la vaga promessa della fusione nucleare. La flotta nucleare francese – 58 reattori costruiti in meno di 20 anni – ha richiesto investimenti paragonabili a quelli del nostro Superbonus 110, regalando alla nostra vicina Francia un vantaggio economico e strategico dal valore inestimabile.
L’Italia non è da meno. Dimostriamo di essere un Paese normale e facciamo il nucleare come si deve.
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