Il governo italiano pare chiuso in una scatola cinese: una gabbia numerica che sembra averne intrappolato ogni possibile strategia per il contrasto al coronavirus.
I numeri non tornano. Ma la domanda più idonea è: a chi non tornano? Non tornano in primis agli italiani, frastornati dal dato dei decessi. Ma soprattutto (da poche ore) non convincono gli 007 americani, che in un lungo rapporto hanno di fatto smontato i numeri cinesi: 80.000 contagi su 1,5 miliardi di persone non sono numeri che hanno convinto l’intelligence Usa, che ha utilizzato una task force di matematici, informatici ed esperti psicologi per ricostruire i dati cinesi reali.
Di rimbalzo questa notizia, se verificata a fondo, mette in discussione la strategia italiana adottata, ora molto diversa da quella iniziale. A livello di analisi prettamente numerica, i modelli caotici rendono fede alla teoria dell’onda, ovvero una serie di picchi (in decrescita) dovrebbero portare in un tempo non brevissimo (vista la media dei contagi giornalieri, ieri la più bassa da un mese come “nuovi contagi”) ad un azzeramento dei casi.
Nella nostra simulazione a fettuccia (modello MCA migliorato) realizzata in 3d (per meglio farvi capire l’andamento) vediamo un andamento di decrescita effettiva, assai però lontana dal “modello cinese”. Quindi qualche buona notizia c’è.
La simulazione è sul dato di incremento del contagio giornaliero. Oggi siamo al giorno 13 (03 apr. 2020) e l’aumento lo avevamo previsto (in %) rispetto a ieri, un aumento “calcolato” e dovuto all’onda (in calo medio) illustrata con questo grafico che ho adattato in 3d, una sorta di “fettuccia”. La simulazione attualmente è calcolata fino al 30 aprile, l’andamento è progressivo ma altalenante, frutto delle variabili-evento (singolarità, teoria del caos – attrattore di Lorenz). Grafico simulato fino al 21 apr. 2020.
Lo scenario necessita di lenti non cinesi?
All’inizio di marzo abbiamo indossato degli occhiali speciali, con lenti cinesi, per “interpretare” l’evoluzione dell’epidemia. Vuol dire che Giuseppe Conte e il governo, dopo qualche illusione iniziale, si sono convinti di contenere e chiudere la partita come in Cina, in circa 60 giorni. Una previsione orchestrata intorno ai dati cinesi, visti come la pietra filosofale. L’oro però non è arrivato, sono arrivati numeri a tratti esponenziali, che hanno infranto di fatto il modello prestabilito.
Ad inizio marzo si parlava di picco tra il 20 e il 25 marzo, riconducendo la Lombardia all’andamento dello Hubei. Mai parallelismo pareva più che appropriato, con il Veneto in versione Corea e l’Emilia-Romagna stile Taiwan, ovvero con approcci assai diversi da quello lombardo. E poi lo scontro politico alle stelle, con Conte contro Fontana, al modo di Xi Jinping (con i dovuti paragoni s’intende) con i propri governatori.
Ma i due binari paralleli ad un certo punto si sono separati. La curva italiana che diventa onda ed i 60 giorni pronosticati che iniziano a dilatarsi facendo incetta di curve gaussiane e modelli SIR (suscettibili-infetti-rimossi) basati sul dato del Dragone. Dato che i servizi Usa giudicano “fuori dalla realtà” ed “altamente improbabile” e su cui la strategia italiana aveva fondato la propria linea, forse anche politica.
Infrantesi le lenti “cinesi”, oggi pare in atto una visione di giornata. L’ approccio pare cambiato e non più “tarato” su 60 giorni e quindi la fine di aprile. Ciò è aggravato anche dalla probabile seconda ondata (se ne prevedono tre) in Cina che ha di fatto messo in allarme anche il governo italiano, passato a provvedimenti quindicinali e non più settimanali con spartiacque (virtuale?) a Pasqua, tra annunci di aperture programmate fino al 30 aprile (il giorno 60).
Le simulazioni secondo l’approccio cinese apparse a inizio marzo indicavano in questo periodo un contagio medio giornaliero tra 400 e 500, siamo invece ancora sui 4.000, quindi assistiamo ad un andamento ciclico in discesa, che dovrebbe esaurirsi, non come contagi ma come trend medio, entro Pasqua. I dati stimati quindi dovrebbero “arrivare” dopo Pasqua e l’onda infrangersi a maggio, di fatto portando a 90 i giorni effettivi di crisi.
Del resto Conte nel suo ultimo discorso ha puntato sulle fasi d’intervento, senza specificare i tempi, segno che tutto è ancora in elaborazione: in pratica si procede con stime a corto raggio, più attendibili ma più complicate per sviluppare una linea (politica) d’intervento. Insomma si naviga a vista: lo si comprende molto dai numeri e dalla strategia governativa, che punta ai piccoli passi per abituare la popolazione italiana alle decisioni su lungo raggio, con la pressione economica in continuo aumento. Agli altri paesi serviranno lenti italiane per correre più veloce del virus, del resto la crisi incide sui bilanci con una forza senza precedenti.
Italia chiave di volta: cosa accadrà?
Italia da problema d’Europa a soluzione? In Usa qualcuno ci pensa, del resto i dati cinesi, l’onda e lo sviluppo dell’epidemia sono ignoti. Scartato il modello di contagio di Pechino, rimane quello italiano; di fatto il nostro paese si trova “nel futuro dell’infezione” rispetto ad Europa e Usa. La Spagna è in fase esponenziale e non sembra uscirne, anzi a Madrid hanno perfino chiesto l’aiuto della Nato. In Usa l’epidemia è esplosa, toccando i 240.000 casi e crescendo a livello esponenziale. Non si intravede ancora un rallentamento. Negli Usa però vedono nell’evoluzione italiana il cardine e puntano il dito contro la Cina e non solo. In America non tornano neanche i numeri tedeschi, avvolti da dubbi sui parametri perché mostrano una crescita esponenziale con un dato di decessi basso.
In questo quadro la narrazione dell’Italia come problema d’Europa sta scemando, prendono invece quota l’esplosione spagnola e l’ambiguità tedesca (non piace agli Usa lo stretto rapporto Berlino-Pechino). Il governo italiano però non sembra ancora uscito dalla scatola numerica cinese, che è diventata una sorta di prigione strategica che blocca di fatto l’iniziativa a lungo termine.
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