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Home » Economia e Finanza » Economia UE » NUOVO BILANCIO UE/ A chi spetterà decidere dove spendere i soldi dei cittadini?

  • Economia UE
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  • Economia e Finanza

NUOVO BILANCIO UE/ A chi spetterà decidere dove spendere i soldi dei cittadini?

Ursula von der Leyen ha tenuto un discorso interessane con proposte sul prossimo bilancio dell'Unione europea

Int. Massimo D'Antoni
Pubblicato 22 Maggio 2025 - Aggiornato alle ore 06:21
L'esterno del Parlamento di Strasburgo (Ansa)

L'esterno del Parlamento di Strasburgo (Ansa)

Sono passate inosservate dai media le parole pronunciate martedì da Ursula von der Leyen nel corso della conferenza annuale sul bilancio dell’Ue. Eppure la Presidente della Commissione europea ha avanzato proposte per attuare importanti cambiamenti nel prossimo budget dell’Unione (che dovrebbe coprire il periodo tra il 2028 e il 2034), a partire dalla modalità di erogazione delle risorse in più tranche e sulla base delle verifiche di risultati concretamente raggiunti, sul modello del Next Generation Eu, evidenziando anche la necessità di trovare nuove risorse, anche perché andranno rimborsati i prestiti del Ngeu e non è possibile chiedere grandi sforzi ai bilanci nazionali.


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Abbiamo chiesto un commento a Massimo D’Antoni, professore di Scienza delle finanze all’Università di Siena.

Ursula von der Leyen ha proposto di cambiare la modalità di erogazione dei finanziamenti del bilancio Ue agli Stati membri con un meccanismo simile a quello attualmente usato per il Next Generation Eu. Cosa ne pensa?


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Nel suo discorso, la Presidente von der Leyen ha usato parole d’ordine che appaiono di buon senso: maggiore flessibilità, maggiore selettività nella scelta delle priorità da finanziare e maggiore semplicità nell’accesso ai fondi. Ha anche parlato di legare i finanziamenti ai risultati e anche questa appare in astratto un’idea attraente. Tuttavia, sappiamo che spesso verifica dei risultati significa maggiore burocrazia, “paperwork” come si dice in inglese. Il che in parte contraddice l’obiettivo della semplicità. Inoltre, starei attento a non fare della verificabilità dei risultati un mito.


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Cosa intende dire?

Che non tutti gli obiettivi meritevoli portano a risultati misurabili e verificabili nel breve e medio termine. Non vorrei che questa enfasi sulla verificabilità significasse privilegiare quanto è facilmente misurabile rispetto a quanto agisce in modo più lento e “sotto traccia”, ma non per questo riveste minore importanza. Penso a molti interventi di carattere sociale. Un difetto che si rimprovera al Pnrr è che ha spinto a scegliere progetti a elevata visibilità e realizzabili in un orizzonte temporale definito, che spesso non coincidono con gli interventi effettivamente più urgenti e necessari.

Von der Leyen ha anche evidenziato la necessità di trovare nuove risorse proprie per il bilancio Ue anche perché vanno rimborsati i prestiti del Next Generation Eu e “i bilanci nazionali da soli non possono sostenere questo peso”. Queste parole non rappresentano l’ammissione di un errore di valutazione da parte della Commissione europea sul Ngeu? E il fatto che i bilanci nazionali non possano sostenere questo peso non dipende anche dalle regole del Patto di stabilità?

Difficile dire se sia stato un errore, cioè un esito del tutto imprevisto, o invece qualcosa che tutti sapevano ma che nessuno voleva o poteva dire esplicitamente. Come sappiamo, una parte consistente dei fondi del Next Generation Eu era sotto forma di prestiti erogati ai singoli Stati, che, nelle previsioni, dovrebbero essere restituiti al bilancio comunitario. Non era difficile immaginare che, arrivati al dunque, vi sarebbe stato un comune interesse degli Stati a trovare soluzioni alternative e il ricorso al debito comune sarebbe apparsa come un’opzione attraente.

Se vogliamo possiamo anche dire che c’entra il Patto di stabilità, nel senso che le regole fiscali impediscono agli Stati di indebitarsi per pagare il debito verso l’Ue. Ma, a ben vedere, Patto o non Patto, non avrebbe avuto molto senso incoraggiare una tale soluzione.

Da dove potrebbero arrivare le nuove risorse proprie di cui ha parlato la Presidente della Commissione europea? Nuove imposte? Nuove emissioni di debito comune?

Leggendo le sue dichiarazioni ho pensato immediatamente che l’idea fosse quella del ricorso al debito comune. Ma è vero che le risorse potrebbero venire anche da imposte applicate a livello comunitario. Potrebbe ricevere nuova spinta l’idea di imposte europee sulle transazioni finanziarie o sull’economia digitale. Penso a imposte applicate a basi imponibili che è difficile aggredire su base nazionale, perché riguardano attività che hanno un’elevata mobilità anche perché relativamente meno “tangibili”. Sarà interessante vedere se alle dichiarazioni di questi giorni seguiranno proposte concrete.

Con queste parole von der Leyen non sta fornendo solidi argomenti a chi si opponeva al Ngeu e a chi oggi si oppone al debito comune cui pure la stessa Presidente della Commissione vorrebbe si facesse ricorso sul solco del Rapporto Draghi?

Forse, al contrario, è il segno che certe resistenze si sono attenuate o si stanno attenuando. Nel suo discorso la Presidente von der Leyen ha sottolineato con forza che ci troviamo in una fase molto diversa rispetto agli anni precedenti la crisi pandemica e le ultime novità sul fronte geopolitico. Difficile darle torto su questo punto. Il dubbio è se l’Unione europea abbia una leadership e un assetto istituzionale adeguato ad affrontare queste sfide in modo unitario.

Oltre che chiedere più risorse per il bilancio Ue non si dovrebbe discutere anche della loro destinazione? Non è indifferente indirizzarle alle infrastrutture piuttosto che alla difesa o agli ammortizzatori sociali…

È proprio questo il punto. Se l’intento è quello di utilizzare il budget in modo più mirato e più orientato agli obiettivi, la questione è chi debba definire tali obiettivi. In larghissima misura le risorse che ci arrivano dall’Europa sono risorse che noi forniamo all’Europa e che quindi ritornano a noi sotto forma di fondi comunitari, ma tornano vincolate a specifici obiettivi e procedure, definiti a Bruxelles.

È chiaro che tali obiettivi dovrebbero rispondere a priorità comuni ma anche e soprattutto alle necessità dei territori cui sono destinate. Da questo punto di vista la questione è chi sia legittimato a decidere quali siano le priorità, una decisione squisitamente politica sulla quale gli elettori dovrebbero potersi esprimere. Ahimè, la vicenda delle politiche di riarmo mostra che spesso invece la Commissione agisce cercando di aggirare il voto, anche quello del Parlamento europeo. Temo che anche i discorsi di questi giorni si scontrino con il nodo, non risolto, del futuro politico dell’Unione.

A quale nodo si riferisce?

Realisticamente, può l’Unione europea evolvere in direzione di un’unità politica più stretta, cui sarebbe naturale affiancare una maggiore integrazione fiscale? O dobbiamo invece prendere atto che tale ambizione si scontra con difficoltà insormontabili e dobbiamo quindi accettare l’idea di una comunità di Stati che, pur fortemente integrati sul piano economico e capaci di azioni coordinate, mantengono un ampio grado di autonomia nelle scelte politiche fondamentali?

(Lorenzo Torrisi)

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Tags: Ursula Von Der LeyenMario Draghi

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