Offrii test gratis per il rischio Covid, ma dall’allora ministro della Salute Roberto Speranza non arrivò alcuna risposta. Era il 20 gennaio 2021 quando Massimo Delledonne, professore in biotecnologie all’Università di Verona, lo informava che voleva mettere il suo test a disposizione gratuitamente al Servizio sanitario nazionale e regionale. L’esperto aveva valutato i dati raccolti dal Covid-19 Host genetics consortium, consorzio tra Stati che aveva esaminato 8mila persone ricoverate e 5mila casi gravi per Covid, scoprendo che la zona sul cromosoma 3 è associata al rischio di insufficienza respiratoria e di malattia grave in caso di infezione da coronavirus. Si tratta di conclusioni simili a quelle tratte dallo studio Origin dell’Istituto Mario Negri di Bergamo sul gene Neanderthal.
Genartis, diretta da Delledonne, pensò di usare questa scoperta per mettere a punto un semplice test molecolare, il GenTest Covid-19 risk, il primo al mondo in grado di rilevare il rischio genetico di sviluppare Covid grave, con un’accuratezza del 100%. Questo test consente di determinare la presenza della regione associata al Covid grave, senza bisogno di sequenziare il Dna, procedura peraltro molto costosa. Solo un tampone, disponibile su richiesta e con la stessa tecnologia alla base dei test molecolari. Come evidenziato da La Verità, sfrutta una semplice amplificazione dell’acido desossiribonucleico che custodisce l’informazione genetica di una persona e riesce a verificare se in un soggetto sono presenti le due varianti, ai due lati della regione coinvolta.
“SPERANZA NON HA MAI RISPOSTO ALLA MIA LETTERA”
“Questo test rivela la presenza di un fattore di rischio, sicuramente non l’unico ma certamente, a oggi, il più solido. Con l’equivalente di quanto il Paese spende ogni giorno in tamponi molecolari, sarebbe possibile determinare quanti dei malati gravi Covid-19 che abbiamo avuto in Italia portano questa regione, e quanti non la portano“, scriveva il professor Delledonne nel gennaio 2021 all’allora ministro Roberto Speranza. Quindi, si poteva verificare l’incidenza del fattore di rischio nei casi gravi in più membri della stessa famiglia e sarebbe stato un alleato nella lotta contro il Covid.
“Il ministro non ha mai risposto a quella mia lettera. Non fu possibile applicare il test a grandi campioni, ci fermammo a un migliaio di persone“, fa sapere Delledonne. Eppure, gli ospedali erano entusiasti all’idea di usarlo, “però non avevano personale e i laboratori erano sotto pressione“. Dunque, “si poteva tutelare un italiano su sei che ha questa mutazione“, ma poteva essere anche uno strumento utile per indirizzare il vaccino a chi era più a rischio di avere Covid grave in caso di infezione.