Omicidio Fabrizio Piscitelli, noto “Diabolik”: alle battute finali il primo grado di giudizio a carico di Raul Esteban Calderon, cittadino argentino accusato di aver ucciso lo storico capo ultrà della Lazio nel 2019. La Procura di Roma ha chiesto l’ergastolo, ritenendolo l’esecutore materiale dell‘agguato mortale di stampo mafioso avvenuto nel parco degli Acquedotti della Capitale nell’agosto di 6 anni fa.
L’imputato, identificato come Gustavo Aleandro Musumeci (questa la sua vera identità emersa in sede di indagine), secondo l’accusa avrebbe agito con l’aggravante mafiosa nel contesto di una guerra tra bande criminali.
Omicidio Fabrizio Piscitelli, la ricostruzione della morte di “Diabolik” e l’accusa
Nel corso di una requisitoria di circa 6 ore sfociata nella richiesta di condanna all’ergastolo, riporta Il Corriere della Sera, i pm Francesco Cascini, Rita Ceraso e Mario Palazzi hanno ricalcato le pesantissime accuse mosse a carico di Raul Esteban Calderon sottolineando come l’omicidio di Fabrizio Piscitelli alias “Diabolik”, avvenuto nel 2019 nel cuore della Capitale, rappresenti plasticamente un passaggio cruciale nella lotta tra gruppi criminali rivali. Una guerra senza sconti nella quale “il demone della primazia sfocia nella bulimia in cui viene sanzionato col sangue chi viola le regole“.
A carico dell’argentino, l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dal metodo mafioso. Calderon sarebbe stato l’esecutore materiale, un “killer professionista” che avrebbe agito per ordine di almeno 3 o 4 mandanti, dietro pagamento, al fine di agevolare un’associazione criminale e inviare un chiaro segnale a chi avesse in mente di scalzarli nel controllo del territorio. In questo senso, l’omicidio di Diabolik sarebbe una sorta di “spartiacque” capace di un’eco potentissima negli ambienti malavitosi. Secondo la ricostruzione del delitto, Fabrizio Piscitelli sarebbe stato punito per essersi “intromesso” in un territorio altrui e la sua “condanna a morte” sarebbe stata un monito per tutti.