Omicidio Mara Cagol: svolta nelle indagini/ Ascoltati ex brigatisti dopo 47 anni

- Davide Giancristofaro Alberti

Omicidio Mara Cagol, dopo 47 anni si riapre il cold case: ascoltati alcuni ex brigatisti che potrebbero essere rimasti coinvolti nella sparatoria

mara Cagol yt 2022 640x300 Morte Mara Cagol, screen da Youtube

Si riapre clamorosamente il caso riguardante la morte della brigatista Margherita “Mara“ Cagol e dell’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso. Dopo 47 anni, come riferisce l’edizione online del quotidiano il Giorno, sono stati interrogati a Milano alcuni ex appartenenti alle Brigate Rosse, di cui appunto la Cagol faceva parte. Gli accertamenti dei Ris di Parma potrebbero a breve dare come risultanza un nome a chi partecipò a quello che fu il primo vero sequestro di persona a scopo di autofinanziamento operato dalle Brigate Rosse, e che si concluse con un sanguinario conflitto a fuoco nell’Alessandrino.

Vittima dei brigatisti fu l’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia, che venne sequestrato per ottenere un riscatto, e la cui liberazione si chiuse appunto nel sangue. Margherita Mara Cagol era la moglie di Renato Curcio, fra i principali dirigenti del gruppo armato di estrema sinistra che in quegli anni aveva dato vita ad una vera e propria lotta in tutta Italia. Partecipò in prima persona al sequestro del magistrato Mario Sossi, ed inoltre fu lei a guidare l’assalto al carcere di Casale Monferrato per liberare proprio Curcio, dove vi era detenuto.

OMICIDIO MARA CAGOL, IL FIGLIO DEL CARABINIERE UCCISO: “GIUSTIZIA E VERITA’”

Il 5 giugno del 1975 la donna rimase uccisa durante uno scontro a fuoco con i carabinieri con bombe a mano e armi automatiche, avvenuto nella cascina Spiotta d’Arzello, dove appunto era stato nascosto Vittorio Vallarino Gancia, La morte di Margherita Mara Cagol, come ricorda Il Giorno: “Segnò fortemente le Brigate Rosse e, per le sue circostanze ritenute non del tutto chiare, favorì un’accentuazione della radicalità e della violenza dell’azione del gruppo armato”.

Nel corso della sparatoria alcuni brigatisti riuscirono a fuggire e non vennero mai identificato, ma in questi ultimi anni le indagini non si sono mai fermate, anche grazie all’esposto presentato da Bruno d’Alfonso, figlio dell’appuntato morto 47 anni fa. «È una questione di giustizia e di verità storica. Anche per onorare la figura di mio padre, un eroe che diede la vita per le istituzioni», le parole dello stesso, riportate da IlGiorno.







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