OMICIDIO SOFIA STEFANI, GIAMPIERO GUALANDI A PROCESSO
Dal contratto di sottomissione sessuale al racconto dei testimoni: sono diverse le rivelazioni emerse nel processo per l’omicidio Sofia Stefani, la vigilessa uccisa nel maggio scorso ad Anzola dell’Emilia. L’imputato, l’ex comandante Giampiero Gualandi dello stesso comando dove lavorava la vittima, con cui aveva avuto una relazione extraconiugale, un anno prima del delitto aveva raggiunto un accordo con la collega in base al quale lei era tenuta a chiamarlo padrone e doveva comportarsi da schiava con lui. La scoperta è stata resa possibile dall’analisi dei dispositivi elettronici, ha spiegato la procuratrice aggiunta Lucia Russo.
“Io signore e padrone mi impegno a dominare l’anima della mia sottomessa“, recita un passaggio di tale contratto. La difesa ha spiegato che i contratti di questo tipo sono noti, infatti se ne parla nel libro “Cinquanta sfumature di grigio”, di cui è stata chiesta la produzione in aula, e che Sofia Stefani frequentava gli stessi siti. In tale occasione, i legali di Gualandi hanno evidenziato l’importanza dell’autonomia del diritto dalla morale, motivo per il quale in aula non deve esserci spazio per valutazioni morali.
LO SCONTRO SULLA LISTA DEI TESTIMONI
In aula è andato in scena anche uno scontro sui testimoni da sentire, perché la difesa ha prodotto una lista di persone da sentire per dimostrare le condizioni di fragilità dal punto di vista psichico di Sofia Stefani, la quale dalle cartelle cliniche risulterebbe affetta da bipolarismo e personalità borderline. Inoltre, prima di lavorare alla Polizia Municipale di Sala Bolognese sarebbe stata protagonista di atteggiamenti aggressivi a Guastalla.
L’accusa ha ricordato che non è in corso un procedimento disciplinare nei confronti di Sofia Stefani, ricordando che è la vittima di un delitto e che i suoi comportamenti negli incarichi precedenti non sono utili a stabilire se sia stata vittima di un omicidio volontario o meno.
IL RACCONTO DEI TESTIMONI E IL VIDEO DELLA SCENA DEL CRIMINE
In aula ha parlato anche Michele Zampino, un impiegato amministrativo del comando della Municipale dove è morta la vigilessa. Lui è una delle due persone che in quel momento erano presenti al comando. Ha raccontato di aver sentito un tonfo e di essersi portato in corridoio, dove ha incrociato Gualandi che usciva dall’ufficio col cellulare in mano.
Stava parlando con il 118 e gli chiese di contattare il 112. Zampino vide la vigilessa Sofia Stefani a terra e chiese al comandante cosa doveva dire. “Dì che è partito un colpo“, la risposta. L’altra persona presente nel comando è Catia Bucci, sovrintendente. Nessuno dei due era al corrente della relazione extraconiugale del comandante con la vigilessa.
L’appuntato dei carabinieri Giuseppe Di Pasquale, arrivato dopo la morte della vigilessa, ha raccontato di aver notato la pistola sulla scrivania dell’ufficio. “Lui prese il caricatore, disinserito, e lo appoggiò su una cassettina di legno con scritto ‘pulizia armi’. L’unica cosa modificata sulla scena è stata quella“. Infine, il carabiniere ha descritto Gualandi come “freddo” e privo di reazioni in quel momento. Suo, come riportato dal Fatto Quotidiano, il video proiettato in aula: lo girò col suo cellulare “per cristallizzare la situazione“.