Dopo aver ottenuto l’autorizzazione a visionare le immagini in alta definizione del DNA usato come prova principale contro Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio, il suo difensore torna alla carica e all’attacco degli inquirenti.
L’avvocato Claudio Salvagni, intervistato da Gente, ricorda di aver chiesto ripetutamente l’accesso diretto ai reperti genetici e alle immagini in questione, e che la Cassazione aveva dato il via libera, ma il Tribunale di Bergamo ha sempre alzato un muro.
Visto che il processo si era svolto sulla prova genetica, ritenuta dall’accusa la firma dell’assassino, quel DNA andava analizzato per la difesa, per smentire che fosse di Bossetti.

La svolta, però, è arrivata dopo un’inchiesta giornalistica, quella di Sulas, che ha scoperto che i 54 campioni di DNA conservati al San Raffaele di Milano non erano esauriti, ma anzi erano ancora presenti.
“NEGATO DIRITTO ALLA DIFESA”
Quindi, hanno chiesto di visionare quei campioni in contraddittorio, inconsapevoli che sarebbe iniziata un’odissea, perché la Cassazione diede il via libera, rimandando la questione al Tribunale di Bergamo per l’autorizzazione, “ma nulla accadde“. I giudici bergamaschi “negarono questa opportunità” a Bossetti, dando vita a un balletto giudiziario che Salvagni definisce “un limbo inutile, anzi deplorevole e insensato“.
Ma “gravissimo” per il legale è ciò che è accaduto dopo il via libera della Cassazione: i campioni furono trasferiti e resi inutilizzabili. Da qui, l’accusa di Salvagni alla Procura di Bergamo di aver distrutto prove decisive, poco prima che la difesa potesse esaminarle. Accuse pesanti, ma per Salvagni provate da una telefonata di un colonnello dei carabinieri che chiese conferma alla PM prima di eseguire l’ordine.
Ora il pool difensivo può visionare le foto in alta definizione dei reperti, i dati grezzi del DNA, tra cui la traccia mista tra Ignoto 1 e Yara Gambirasio, e i 25.000 prelievi fatti in forma anonima per identificare Ignoto 1. La difesa di Bossetti non aveva mai avuto le foto in alta definizione, perché Ruggeri si è sempre opposta. L’auspicio di Salvagni è di trovare gli elementi utili per aprire la strada a una revisione del processo, come errori, incongruenze o anomalie.
LE ACCUSE AL PM E I PROSSIMI PASSI
Ma non mancano critiche alla PM Letizia Ruggeri, accusata dal legale di aver ostacolato il lavoro della difesa. Eppure la denuncia a Venezia è stata archiviata. “Un altro mistero“, per Salvagni, anche perché il GIP voleva che Ruggeri venisse indagata.
Peraltro, il professor Giorgio Casari del San Raffaele e il generale Lago del RIS, entrambi consulenti dell’accusa, nei loro interrogatori a Venezia dichiararono che di materiale di DNA ce n’era a sufficienza. In particolare, per Casari bastava un test da 50 euro per capire tutto.
Comunque, ora la polizia giudiziaria ha 30 giorni di tempo dalla sentenza del tribunale per reperire i materiali. Poi le analisi verranno affidate al genetista Marzio Capra per provare a capire se lo spiraglio aperto può trasformarsi in un colpo di scena.