A cinque anni dalla pandemia Covid e dopo tre anni di negoziati, i Paesi che fanno parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) hanno raggiunto un accordo globale per la prevenzione e il contrasto delle pandemie. La bozza sarà sottoposta il mese prossimo all’Assemblea mondiale della sanità e, in caso di approvazione, il documento OMS dovrà essere ratificato dagli Stati membri, un processo che potrebbe richiedere diversi mesi, se non addirittura anni. Ma si può parlare già di un risultato storico, in primis perché fissa norme importanti con l’obiettivo di mantenere il mondo sicuro.
I PRINCIPI E LE MISURE PREVISTE DAL TRATTATO OMS
Il trattato stabilisce il principio della condivisione, in base al quale le aziende farmaceutiche avranno accesso a dati scientifici, come campioni di virus e sequenze genomiche, in cambio di una condivisione più equa di farmaci, vaccini e strumenti diagnostici in caso di pandemia.
Un punto critico, perché non è stato semplice convincere i Paesi con forti industrie farmaceutiche ad accettare di condividere la loro tecnologia. I dettagli sul funzionamento del sistema sono ancora in fase di definizione, ma l’accordo prevede che la condivisione delle informazioni sia “rapida e tempestiva“, inoltre i produttori devono mettere a disposizione dell’OMS almeno il 20% dei vaccini, dei farmaci e degli strumenti diagnostici prodotti durante un’eventuale pandemia, ma è prevista una soglia di partenza del 10% tramite donazioni, e il resto da riservare “a prezzi accessibili” all’OMS.
DAL REGISTRO ALLE TECNOLOGIE
A proposito dei vaccini, nessuna imposizione di obblighi da parte dell’OMS: la decisione spetterà sempre ai singoli Paesi. Verrà creato un registro degli agenti patogeni e dei microrganismi in circolazione e dei prodotti sanitari utilizzabili, come vaccini o test, il cosiddetto “Pathogen access and benefit sharing system“.
Al principio della condivisione si aggiunge quello dello scambio delle tecnologie. Il trattato non prevede solo un accesso equo ai prodotti sanitari, ma anche la promozione, facilitazione o incentivazione dello scambio di tecnologie e know-how per permettere ai produttori dei Paesi in via di sviluppo di produrre i propri farmaci e vaccini. Ciò in teoria dovrebbe aiutare l’Africa a diventare più autosufficiente in caso di pandemia.
Ma si prevedono anche delle condizioni specifiche, come quelle per consentire la fabbricazione dei prodotti a terzi, politiche di prezzo accessibili e la pubblicazione di protocolli e risultati di studi clinici. Ad esempio, se venisse sviluppato un farmaco salvavita con i soldi dei contribuenti, ma non fosse accessibile o disponibile, allora un governo potrebbe intervenire a beneficio dei propri cittadini e di chi ne ha bisogno nel mondo, mentre durante la pandemia Covid i governi non hanno avuto sempre voce in capitolo sulla condivisione delle conoscenze, anche se avevano finanziato la ricerca.
LE REAZIONI ALL’ACCORDO OMS
Il documento è stato concordato senza gli Stati Uniti, in virtù del ritiro voluto dal presidente Donald Trump. Ciò potrebbe indebolire l’accordo o rappresentare un punto di forza. “Invece di crollare di fronte all’assalto del Presidente Trump alla salute globale, il mondo si è unito“, ha dichiarato Lawrence Gostin, specialista in diritto e politica sanitaria presso la Georgetown University di Washington DC, che ha seguito da vicino i negoziati, ai microfoni di Nature.
La questione non può essere sminuita, perché gli Usa hanno una posizione dominante come produttori di farmaci, vaccini e prodotti diagnostici. “L’assenza degli Stati Uniti lascia un vuoto incolmabile“, ha aggiunto. Dunque, il mondo ha dimostrato “che il multilateralismo e la solidarietà globale sono ancora importanti, così come lo stato di diritto“.
Un portavoce della Federazione internazionale dei produttori e delle associazioni farmaceutiche, secondo quanto riportato dalla rivista scientifica, afferma che è importante che l’accordo si traduca in un “piano pratico” che incentivi le aziende di tutte le dimensioni a investire nella ricerca sugli agenti patogeni.