Ong: emersi fondi UE per boicottare centrali di carbone e trattati internazionali, con istruzioni dettagliate in documenti riservati
Secondo quanto riportato da giornali tedeschi come Die Welt e Tagesspiegel, la Commissione UE avrebbe siglato accordi con alcune Ong ambientaliste per portare avanti azioni ben precise, ovvero bloccare centrali a carbone, ostacolare trattati internazionali come il Mercosur, contrastare l’uso di glifosato e di sostanze come i PFAS ma nulla di tutto questo sarebbe stato reso pubblico, anzi, questi contratti (difficili da consultare e impossibili da stampare) sembrano costruiti per restare nell’ombra.
Le cifre che emergono parlano di un totale di 15 milioni di euro all’anno, distribuiti tra diverse organizzazioni selezionate per portare avanti azioni indirizzate; tra i nomi emerge quello di ClientEarth, che avrebbe ricevuto 350.000 euro per contrastare specifiche centrali tedesche, e Friends of the Earth, destinataria di 700.000 euro per una campagna strutturata contro il trattato con i Paesi del Sud America e a queste somme si aggiungono i 422.000 euro destinati a Bankwatch e i 700.000 euro a European Environmental Bureau e HEAL.
I documenti, consultabili solo per brevi periodi in ambienti altamente controllati, riportano indicazioni operative dettagliate – tweet da pubblicare, incontri da pianificare con eurodeputati, pressioni coordinate sui membri della Commissione – ogni passaggio era pensato per generare un impatto politico spesso senza che la fonte di quella pressione fosse trasparente.
Il caso che fa più discutere riguarda ClientEarth e la centrale di Jänschwalde – mentre decine di attivisti si incatenavano ai nastri trasportatori – la Commissione UE, secondo quanto emerge dai file riservati, aveva già promesso fondi e supporto; l’attivismo così si mischia alla politica in un modo che lascia molte domande aperte su chi decide cosa e perché e soprattutto su dove finiscono i soldi pubblici.
Ong, boicottaggio green e silenzio europeo: trasparenza assente, ma le pressioni funzionano
Il punto non è soltanto che queste Ong abbiano ricevuto fondi per sostenere cause ambientaliste – cosa in sé non nuova – ma il fatto che le loro azioni fossero guidate da istruzioni precise definite da Bruxelles e vincolanti a fronte di finanziamenti cospicui; non si tratta di semplici sostegni economici per iniziative autonome, ma di vere e proprie istruzioni operative in cui si dice cosa fare, quando farlo e come comunicarlo.
La Commissione UE, secondo i documenti emersi, avrebbe trattato con queste Ong alla stregua di consulenti esterni da impiegare per condizionare scelte politiche e fermare iniziative sgradite, il contratto con Friends of the Earth, per esempio, includeva obiettivi temporali e contenutistici: organizzare almeno tre incontri con eurodeputati, due con funzionari della DG Trade, pubblicare post sui social e diffondere note stampa rimarcando i danni ambientali e sociali del trattato Mercosur, il tutto con lo scopo di bloccarlo “nella forma attuale”, come specificato nero su bianco.
La reazione politica non si è fatta attendere con l’eurodeputata Monika Hohlmeier che ha criticato duramente la mancanza di trasparenza, ribadendo come l’acronimo Ong non debba diventare un lasciapassare per un uso incontrollato dei fondi pubblici; dichiarazioni forti anche da Günter Krings (CDU), che ha parlato apertamente di uno scivolamento dallo Stato di diritto, ipotizzando un intervento politico mascherato da attivismo e secondo il suo parere, se tutto ciò fosse confermato, si sarebbe superato un confine molto pericoloso, quello tra il lecito sostegno a cause civili e l’uso di organizzazioni indipendenti per esercitare pressioni politiche in modo opaco.
Nonostante ciò, dalla Commissione UE, almeno per ora, non è arrivata alcuna smentita o spiegazione, un silenzio che rafforza ancora di più i dubbi e le polemiche, mentre la vicenda, iniziata mesi fa, continua ad arricchirsi di dettagli preoccupanti; la situazione che emerge è quello di un sistema che, sotto la bandiera della transizione verde, avrebbe organizzato campagne parallele con risorse pubbliche ma senza un controllo democratico reale – ed è questo, forse, l’aspetto più controverso dell’intero caso – non la causa in sé, ma il metodo con cui è stata portata avanti.