Sarà scontro in tribunale tra le ONG che hanno subito il fermo delle loro navi da parte del Governo Italiano, che ha bloccato le imbarcazioni dopo le ispezioni effettuate dalla Guardia costiera con seguente fermo amministrativo per ogni nave e prescrizioni giudicate impossibili da seguire per il ritorno in mare. “Il nostro ricorso ha lo scopo di chiarire l’uso sicuro delle navi e la responsabilità dei rispettivi stati di bandiera“, ha dichiarato Gorden Isler, portavoce di Sea-eye, una delle navi sottoposte a fermo amministrativo. L’associazione tedesca infatti da maggio non riesce a riportare in acqua la nave Alan Kurdi prima tenuta sotto sequestro amministrativo al porto di Palermo per mesi e ora in Spagna, per il prolungamento dei rilievi della Guardia costiera italiana che ne ha dunque completamente bloccato l’attività. Il ricorso è stato presentato davanti al Tribunale amministrativo di Palermo e non è la prima volta che accade, visto che lo scorso anno era stata Open Arms a ricorrere al Tar del Lazio, ottenendo l’annullamento del divieto di ingresso in acque italiane firmato da Salvini in base ai decreti sicurezza
SCONTRO ONG-GOVERNO, CITATO IL CASO OPEN ARMS
Fu un caso spinoso quello di Open Arms, ONG spagnola che una volta entrata in Italia rimase ferma nella acque davanti all’isola di Lampedusa per circa 20 gironi, un contenzioso che sarà oggetto del processo nel quale Salvini sarà imputato di sequestro di persona, per il quale recentemente il parlamento ha concesso l’autorizzazione a procedere. Sea-eye ha deciso di seguire la stessa strada e conseguentemente citare in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti italiano e l’Autorità Portuale di Palermo. La contestazione di Sea Eye riguarda nello specifico la violazione del diritto internazionale del mare in relazione al fermo amministrativo della nave Alan Kurdi. Fermo che venne disposto lo scorso 5 maggio scorso in seguito all’ispezione che aveva riportato: “gravi carenze nella sicurezza e nella tutela ambientale“. Sea-eye nel suo esposto ha ricordato come a queste misure siano state esposte anche la ‘Sea-watch 3‘, la ‘Ocean viking‘ di Sos Mediterranee e la ‘Aita mari‘ di Salvamento Marittimo Umanitario, sempre per gli stessi motivi. Il tribunale di Palermo potrebbe dunque trovarsi a prendere una decisione che farebbe giurisprudenza per tutte le ONG in futuro.