Continuano le indagini in merito all’omicidio di Orazio Pino, ex collaboratore di giustizia ed ex nome di spicco della famiglia di Giuseppe Pulvirenti, ucciso a Chiavari. A distanza di 24 ore dal delitto, sono ancora numerosi i dubbi e le incertezze. La sola cosa certa è il colpo alla nuca da una distanza ravvicinata anche se restano i dubbi in merito all’arma usata. Vicino al corpo, infatti, non sarebbe stato ritrovato alcun bossolo e questo porta a non scartare del tutto l’ipotesi che sia stato colpito da uno stiletto e non da una pistola di piccolo calibro come inizialmente ipotizzato. Sarà tuttavia l’autopsia a fare totale chiarezza sulla dinamica e sulle cause del decesso. L’esame, affidato ai medici legali Francesco Ventura e Gian Luigi Bedocchi, come spiega GenovaToday.it sarà eseguito domani, al massimo sabato. Da una prima tac sul corpo però non è stata trovata l’ogiva di alcun proiettile, ma sono state rilevate tracce metalliche che fanno ipotizzare al colpo di arma da fuoco. L’uomo, ricordiamolo, è stato colpito dopo la chiusura del suo negozio di oreficeria, mentre era in procinto di salire sulla sua vettura. Tre, al momento, le ipotesi lasciate aperte dagli inquirenti: l’esecuzione mafiosa, la rapina finita male o la vendetta per questioni economiche.
OMICIDIO ORAZIO PINO: INTERROGATORI IN CORSO
Sette anni fa Orazio Pino aveva deciso di uscire dal programma di protezione ed aveva investito il suo denaro nell’acquisto della gioielleria “Isola Preziosa”, alla quale erano seguiti alcuni punti di compro oro gestiti dalle figlie. Proprio il mondo dei compro-oro è ora nel mirino degli investigatori che indagano sull’omicidio di Chiavari. Al momento, gli uomini della squadra mobile di Genova stanno interrogando al momento familiari e colleghi di lavoro di Pino. Tra coloro che sono già stati sentiti, anche il figlio dell’ex sicario della mafia, che ha spiegato che il padre aveva avuto in passato dei dissapori con una ex socia per vicende legate a precedenti società. Proprio a tal fine, nella giornata di ieri gli inquirenti hanno perquisito la ex socia e il fratello di lei. Al momento, tuttavia, la pista più accreditata resta quella legata alla sua attività più recente ma non viene del tutto archiviata l’ipotesi di una vendetta mafiosa. Come spiega Il Secolo XIX, gli investigatori stanno ora vagliando le telecamere dei video sorveglianza del silos, dove l’uomo aveva posteggiato la sua auto ma anche quelle delle vie circostanti.