Origine Covid, ecco sequenza genoma misteriosa/ Silvestri: ipotesi naturale non certa

- Silvana Palazzo

Origine Covid, ecco la "misteriosa" sequenza del genoma di Sars-CoV-2. Il professor Guido Silvestri: "Ipotesi naturale non certa, ma plausibile come quella di laboratorio"

silvestri palu mezzorainpiu 640x300 Guido Silvestri e Giorgio Palù a Mezz'ora in più

La pandemia Covid ha origine naturale o di laboratorio? Per il virologo Guido Silvestri, docente negli Usa alla Emory University di Atlanta, entrambe le ipotesi sono plausibili. Lo spiega in un lungo post su Facebook con cui ha voluto fare chiarezza in merito ad un tema che non è solo «spinoso» dal punto di vista tecnico, ma «anche prono ad essere contaminato da considerazioni di tipo politico». Dunque, si parte da una premessa, che è peraltro pure la conclusione del suo ragionamento: «Le due ipotesi sono entrambe plausibili, e chiunque dica che una delle due è “certa”, oppure che è certamente sbagliata, fa un’affermazione non giustificata dalle attuali conoscenze». Il professor Silvestri afferma di condividere ogni parola scritta su Science da un gruppo di eminenti virologi, secondo cui va presa sul serio «sia l’ipotesi dell’origine naturale che quella dell’origine di laboratorio». Inoltre, hanno chiesto un’indagine trasparente e oggettiva, condotta da esperti di varie discipline, soggetta a revisione indipendente e gestita senza conflitti di interesse. Sciogliere i dubbi comunque non è facile, ma nel suo post parla anche della «“misteriosa” sequenza di 12 nucleotidi presenti nel genoma di Sars-CoV-2» di cui ha parlato nell’intervista a Mezz’ora in più.

ORIGINE COVID, LE DUE IPOTESI

«Mi riferisco al sito di clivaggio della furina (un enzima proteolitico) che è presente tra la subunità 1 (S1) e la subunità 2 (S2) della Spike (S) di Sars-CoV-2», scrive il professor Guido Silvestri sui social. Dunque, si tratta di quattro residui amino-acidici, Prra (prolina-arginina-arginina-alanina), che corrispondono a 12 nucleotidi (quattro codoni, CCT-CGG-CGG-GCA) che sono «inseriti in una posizione strategica tra la serina 680 e l’arginina 681 della proteina Spike. Questo prendendo come referenza il virus del pipistrello Rhinolophus affinis RatG13, visto che si tratta del virus più vicino filogeneticamente a Sars-CoV-2». Secondo la teoria dell’origine naturale del coronavirus, quindi il salto di specie dal pipistrello all’uomo a prescindere dall’eventuale ospite intermedio, questa sequenza potrebbe essersi inserita in seguito ad una mutazione casuale, ma Silvestri chiarisce che è un evento «estremamente improbabile per una serie di motivi legati alla biologia della replicazione del Rna nei coronavirus che non posso approfondire in questa sede». In alternativa, può essere frutto di un evento di ricombinazione avvenuto in un animale infettatosi con due virus diversi, che è invece un evento «molto più probabile». Secondo invece l’ipotesi del virus da laboratorio, allora la sequenza sarebbe stata inserita in maniera artificiale durante un esperimento di manipolazione del genoma virale in vitro per studiare i meccanismi patogenetici dei coronavirus umani.

LE DOMANDE SENZA RISPOSTA

Un aspetto curioso che evidenzia il professor Guido Silvestri è che «le 2 arginine (R-R) sono sintetizzate a partire da 2 codoni CGG-CGG che, come tali, non sono mai stati identificati (almeno per quanto io ne sappia al momento) in ogni altra coppia di arginine che facciano parte di un furin-cleavage site di altri coronavirus conosciuti con cui RaTG13 si sarebbe ricombinato per formare Sars-CoV-2». Quindi, il virus che avrebbe fornito questa sequenza nucleotidica non sarebbe conosciuto. Un giorno però potrebbe essere identificato, visto che ci sono tantissimi coronavirus in natura, «ma per ora questo virus non lo abbiamo scoperto». L’ipotesi naturale richiede però una spiegazione di come il coronavirus sia partito dalla provincia di Yunnan, a migliaia di chilometri da Wuhan, per far partire l’epidemia nel mercato del pesce di Huanan, vicino al Wuhan Institute of Virology, dove si studiano i coronavirus umani. D’altra parte, neppure l’ipotesi del coronavirus da laboratorio è molto «occamista», spiega Silvestri, secondo cui «non c’è assolutamente alcuna prova che dei ricercatori, a Wuhan o altrove, abbiano creato e inserito dentro RaTG13 la sequenza di 12 nucleotidi di cui sopra». Da qui la conclusione che nessuna delle due ipotesi sia certa, ma entrambe plausibili.





© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultime notizie di Sanità, salute e benessere

Ultime notizie