Una sentenza della Corte Costituzionale rischia di ridefinire completamente i confini del diritto penitenziario, riconoscendo ai padri detenuti la possibilità di accedere ai domiciliari quando la madre non può occuparsi dei figli, perché assente o deceduta.
La decisione – depositata oggi con il numero 52 – risponde ai ricorsi presentati dai Tribunali di Sorveglianza di Bologna e Venezia, coinvolgendo due casi rappresentativi del tema in esame: un padre di due bambini piccoli e uno di un figlio gravemente disabile, entrambi inizialmente esclusi dalla misura alternativa a causa di una norma che privilegiava esclusivamente le madri.
“Privare i minori della relazione con un genitore, quando l’altro è assente, lede i loro diritti fondamentali” ha voluto ribadire la Consulta, dichiarando non legittimo il divieto finora in vigore.
La norma contestata, infatti, consentiva i domiciliari solo alle donne con figli under 10 o disabili, giustificandola come tutela della maternità, ma – per i giudici costituzionali – questo principio non può tradursi in una discriminazione verso i padri, specie quando i figli rischiano di rimanere senza figure di riferimento.
“La legge non può ignorare che la genitorialità è un dovere condiviso” si legge nelle motivazioni; un passaggio che segna una drastica inversione di rotta perché se prima la detenzione alternativa era vista come una “concessione femminile”, ora diventa un diritto dei minori a mantenere legami familiari, a prescindere dal genere del genitore.
Domiciliari e paternità: la Consulta smonta un pregiudizio millenario
La sentenza non cancella le tutele per le madri, ma impone un bilanciamento: la Corte ha riconosciuto che, nonostante le donne rappresentino solo il 4% della popolazione carceraria, il sistema deve adattarsi alle esigenze specifiche dei padri.
“Se un bambino può essere affidato a un parente, il padre deve poter usufruire dei domiciliari per non interrompere il rapporto” è la spiegazione fornita dai giudici e nel caso del figlio disabile – ad esempio – l’assistenza continuativa è stata considerata prioritaria rispetto alla rigidità carceraria.
La decisione arriva in un contesto in cui il 37% dei detenuti è genitore, e oltre 60mila minori italiani hanno un padre in carcere: viene dunque riconosciuto come anche la figura paterna sia indispensabile per i figli, in misura equivalente alla madre, come ha voluto ribadire l’avvocato Marco Ferrero, esperto di diritto penitenziario.
Ma restano dei limiti: i domiciliari saranno concessi solo se i figli non possono essere affidati a terzi e non sussistano rischi per la sicurezza, ma il principio rimane chiaro e trasparente: la legge non può più fingere che i padri siano genitori di serie B.