Padre Zanotelli nella bufera per le sue parole su Nassiriya. Il religioso ai microfoni di Adnkronos ha espresso un giudizio netto sulle vittime in Iraq, sottolineando che la presenza militare italiana non deve più esserci in quanto abbiamo contribuito a distruggerlo: «L’Iraq è stato distrutto da una guerra completamente ingiusta, tutta costruita sulle menzogne dell’Occidente». Ma a sollevare il polverone sono state le sue parole sui soldati morti nell’attentato di Nassiriya, che secondo il missionario «non andrebbero definiti ‘martiri’»: «Noi eravamo lì per difendere con le armi il nostro petrolio: guardiamoci in faccia e diciamoci queste cose, anche se purtroppo in Italia sembra impossibile dirlo e costa una valanga di insulti… ma è questa la cruda verità». Esternazioni che non sono passate inosservate, ira da parte di Matteo Salvini: «Questo signore non sa quello che dice, dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa ai parenti dei nostri morti: è indegno di dirsi prete! Scriverò direttamente in Vaticano».
PADRE ZANOTELLI: “VITTIME NASSIRIYA NON SONO MARTIRI”, E’ BUFERA
«Preti così possono far perdere la fede», la presa di posizione di Ignazio La Russa: secondo l’esponente di Fratelli d’Italia, il Papa dovrebbe esaminare le parole pronunciate da padre Zanotelli, che «per un cattolico possono essere vere e proprie bestemmie». «Profondamente rammaricata» Giorgia Meloni, mentre per il forzista Giorgio Mulè le sue parole «sono sovrapponibili a quelle di chi sostiene che Falcone e Borsellino furono vittime di un ‘incidente di lavoro’». Condanna pressochè unanime dal mondo politico, rammarico e indignazione per Marco Intravaia, figlio del brigadiere dei carabinieri morto a Nassiriya il 12 novembre 2003: «Padre Alex Zanotelli farebbe bene a recitare delle preghiere per l’anima di mio padre e dei sui commilitoni piuttosto che dire sciocchezze e offendere la memoria dei nostri caduti e l’impegno delle nostre forze armate nei teatri operativi». Raggiunto nuovamente dai microfoni di Adnkronos, il religioso ha ribadito: «Chiaramente siamo vicini alle famiglie dei militari uccisi e ci uniamo al loro dolore e alla loro sofferenza e su questo non vi è alcun dubbio. Però non sono eroi, sono parte di un sistema di guerra».