Sanremo 2025: Olly vince con “Balorda nostalgia”, ma le sorprese non mancano ed è tempo di completare le pagelle finali del Festival (ecco le pagelle di Sanremo 2025 per ciascuna delle precedenti serate: prima, seconda, terza, quarta). Uno dei festival di Sanremo più combattuti degli ultimi anni, in cui fino all’ultimo c’erano cinque o sei canzoni che potevano vincere. Lo vince Olly con Balorda nostalgia, ma la vera sorpresa non è la vittoria di Olly, abbastanza prevista, quanto l’eliminazione di Giorgia – accolta con sgomento e rabbia – e di Achille Lauro dalla finalissima a cinque.
La gara e i protagonisti di Sanremo 2025
A Sanremo 2025, il cantante genovese ha sconfitto all’ultimo turno di voti Lucio Corsi, strepitosa rivelazione dell’anno, dietro di 0,4% nel conteggio dei voti, Brunori Sas, Fedez e Simone Cristicchi, il cui calo nei consensi è stato anticipato dal risultato nella serata dei duetti.
La serata è proceduta a ritmo svelto, ma non frenetico, svizzero quasi come da tradizione di Carlo Conti, coadiuvato nella conduzione da Alessandro Cattelan, che entra in bianco, e Alessia Marcuzzi, in nero. Lui conduttore e intrattenitore di razza, lei interprete di imbarazzanti siparietti.
Gli ospiti e i momenti salienti
Tra gli ospiti che hanno punteggiato la serata: Gabry Ponte apre con Tutta l’Italia, la sigla del festival che, ascoltata per intero, prolunga lo strazio che sentiamo a ogni blocco pubblicitario; Tedua canta Bagagli sul Suzuki Stage, canzone migliore di almeno metà dei brani in gara.
Antonello Venditti ritira il premio alla carriera, significativo nell’anno in cui il sassofono, suo tratto distintivo, è tornato in auge nella canzone sanremese. Onore alla sua scelta di non usare il playback, però non ha più voce e non fa niente per nasconderlo. Fa male sentirlo così.
E tra il medley dei Planet Funk, ennesimo momento nostalgia, e la toccante testimonianza di Edoardo Bove, il giocatore della Fiorentina colpito in campo da un infarto, la gara suggella un Sanremo non troppo brillante nella canzone, ma ben costruito televisivamente.
I premi collaterali alla finale di Sanremo 2025
Ecco i premi collaterali di Sanremo 2025: miglior testo è L’albero delle noci di Brunori Sas, la miglior composizione musicale è quella di Quando sarai piccola di Simone Cristicchi, il premio della critica lo ha vinto Volevo essere un duro di Lucio Corsi, mentre la sala stampa Lucio Dalla premia Cristicchi. E ora vediamo nel dettaglio le pagelle finali di Sanremo 2025.
Le pagelle finali di Sanremo 2025
Francesca Michielin (21ª posizione) – È partita con l’handicap di una caviglia infortunata, ma sul palco è tra le più attive. Si sente che vive la canzone in modo più viscerale del solito e osa anche con outfit più arditi del solito. La canzone è sanremese e convincente, anche se non è riuscita a sfondare nel cuore del pubblico. 6,5
Willie Peyote (16°) – È la scommessa persa dell’anno. Dopo La locura non c’è più l’effetto sorpresa e alla base ritmica di buon livello non corrisponde un testo o un andamento vocale. Un brano abbastanza banale, ma molto ben vestito. 6
Marcella Bella (29°) – Una delle grandi sconfitte di questa edizione. Questa sera ha anche uno strano effetto alla voce che stranisce all’ascolto. L’operazione simpatia della “vecchia” che si sente giovane cade nel ridicolo, anche per via di una performance pensata senza troppe idee. 5
Bresh (11°) – Cerca il tipo di posizionamento per un pubblico diverso che hanno tentato diversi cantanti quest’anno, specie in area rap e trap, ma con una canzone solo dignitosa e una performance sul palco poco memorabile. 6
Modà (22°) – Anche loro escono sconfitti, ma è anche perché la loro musica è rimasta ferma a 15-20 anni fa e non è più negli interessi del pubblico generalista. Certo, Kekko immobile per via della caduta non ha aiutato, ma la canzone ha un tiro e una struttura un po’ stantia. 5,5
Rose Villain (19°) – Riesce a uscirne bene nonostante la canzone debole, mescolando la sua bellezza sexy a una vocalità notevole, la canzone tamarra e la melodia romantica. Oggi, con quell’abito elegante e velatissimo, mette in pratica la teoria. 6
Tony Effe (25°) – Forse il vero grande sconfitto dell’edizione. Cerca di vendersi come ciò che non è (e che vorrebbe), ma non ha il carisma, la voce, la canzone giusta per farlo. Stasera sembra faccia apposta ad arrivare ultimo, stonando senza posa. Contento lui. 3,5
Clara (27°) – Il mix tra due estremi, la melodia e il dancefloor, è più amalgamato e organico rispetto a Rose Villain, ma è più normalizzato, omologato, banale e soprattutto meno carismatico nella performance. Alla fine ne esce benino e poteva fare meglio. 6
Serena Brancale (24°) – Anche lei esce sostanzialmente vincitrice da Sanremo. Certo, si è attirata critiche per lo spostamento dal jazz alla dance popolare e volgarotta, ma lo ha fatto con grinta e talento da vendere. 7
Brunori Sas (3°) – Poteva stracciare tutti, invece ha portato una sua bella canzone, si è fatto conoscere e apprezzare, senza sorprendere. Però la sorpresa non è un obbligo e fare belle canzoni, intense e profonde, musicalmente semplici e curate, è un’impresa tutt’altro che semplice. 7,5
Francesco Gabbani (8°) – È un animale da festival, sempre in grado di intercettare il gusto del pubblico. Stavolta no, proprio col pezzo più piacione e aperto nella melodia, il più orchestrale, a cui manca però passione vera o sprint musicale. 6
Noemi (13°) – Brava, con una canzone davvero bella e sentita, ma non ha saputo dare, forse, la veste migliore al brano di Mahmood e Blanco, tanto che più di qualcuno rimpiange che non l’abbiano cantata loro. Però, nonostante una voce che stride specie nello special, a noi ha emozionato parecchio. 7
Rocco Hunt (15°) – L’operazione rilancio non ha proprio funzionato, il ritorno alle origini ha portato a un brano in cui l’unica identità era lo stereotipo. Dovrebbe lavorarci di più. 5,5
The Kolors (14°) – Vanno in pareggio, raggiungono il loro obiettivo – ballare e tormentare – con accattivante sicumera, ma anche troppo mestiere. Il pubblico recepisce, ma pare prossimo alla saturazione e loro avrebbero bisogno anche di altro. E poi alla fine il colpo di teatro: Fru dei Jackal. Grande. 6+
Olly (1°) – È il vincitore morale e materiale del festival. Dopo il flop di Polvere nel ’23, ha una canzone pensata per piacere trasversalmente, cantata con gioia, comunicativa. Non so se sia davvero bella come pare, ma il fatto che lo paia è merito della sua interpretazione. 6,5
Lucio Corsi (2°) – Altro trionfatore del festival. Si fa scoprire da tutti e da tutti si fa amare senza vendersi, dando il meglio di sé. Un musicista vero, con una gran bella canzone e un testo profondo e leggero. 8
Achille Lauro (7°) – Altro dei grandi vincitori del festival. Si ripulisce dal barocco degli scorsi anni e dà spessore al maledettismo dei suoi testi passati, tra Schubert e Venditti. Un brano pensato bene, nella musica, nella comunicazione, nell’esibizione, nel look. 7
Coma_Cose (10°) – Non avevano un brano bello come i precedenti sanremesi, ma il diavolo della melodia virale li bacia e travolgono tutti. E poi, outfit meravigliosi. 7
Giorgia (6°) – Il pezzo, lo sapete, ci piace meno di quanto avremmo voluto, e immaginiamo che questo lo abbia pagato in sede di voto. Però, che classe, e lo special è la prova che Blanco è davvero un bravo autore. 6,5
Simone Cristicchi (5°) – Al di là del risultato finale, è l’unico cantante in gara che ha diviso il giudizio per motivi che avevano a che fare con la musica, il testo, i mezzi espressivi, e non per polemiche extra-musicali. Dei nostri dubbi sapete, il primissimo piano su lui contrito non li dissipa, anzi. 6
Elodie (12°) – È andata in crescendo, soprattutto grazie agli abiti e alla performance, oggi senza ballerine per concentrarsi solo sul pezzo che dal vivo fatica ad arrivare. Non ha raggiunto l’obiettivo, forse colpa anche di un brano intercambiabile con quello di altre dive pop, e il trionfo è rimandato. 6+
Irama (9°) – Consolida il suo appeal verso un pubblico che cresce con lui, paga però l’effetto ripetizione del suo stile, la monotonia della sua interpretazione. Però i suoi abiti napoleonici sono il nostro guilty pleasure. 5,5
Fedez (4°) – Vittima o carnefice? È il dilemma di questa edizione. Travolto da polemiche e retropensieri o abile cavalcatore degli stessi? Usciti da qui, resta una canzone viva e una delle poche esibizioni che scuotono. 6,5
Shablo, Gué, Joshua e Tormento (18°) – Eleganti e stradaioli, come era il rap una volta, quello che portano a Sanremo senza concessioni e senza ambizioni eccessive. Come una squadra di metà classifica che gioca bene, non vince, ma sconfigge qualche grande qua e là. 7
Joan Thiele (20°) – Non ha sfondato nel gradimento come meriterebbe, ma il pezzo è seducente ed è un interessante esperimento di costruzione in fieri di un nuovo personaggio musicale, personale nella musica, popolare nel look (vedere l’abito della finale e confrontarlo col debutto). 7-
Massimo Ranieri (23°) – Purtroppo è uno sconfitto. La classe non gli è bastata e nemmeno un pezzo dal magnifico ritornello. La struttura della canzone, come vi abbiamo già raccontato, avrebbe avuto bisogno di un minuto in più, e il pubblico di Sanremo oggi non è tagliato per quella teatralità. 7
Gaia (26°) – Non riesce a sfondare nella quota diva pop-dance del festival. Pezzo poco accattivante, lei ancora acerba dal punto di vista della performance, forse avrebbe bisogno di un altro pezzo, di altri autori. 5,5
Rkomi (28°) – Al contrario di Gaia, lui avrebbe un pezzo per vincere, ma non ci riesce, per colpa di un’interpretazione poco efficace per l’Ariston. Deve lavorare meglio proprio sulla dimensione live. 6-
Sarah Toscano (17°) – La sua partecipazione al festival ha un bilancio quasi pari. Ha dimostrato potenzialità pop, ha rischiato (relativamente) col pezzo più veloce dell’intero lotto e, con qualche incertezza, ha portato a casa il lavoro. Certo, un impatto più rifinito e originale da parte degli autori la aiuterebbe. 6+