Adriano Panatta vs tennis femminile: duro sfogo dell'ex campione sulle giocatrici di oggi, accusate di essere tutte uguali e tirare solo forte.
PANATTA VS TENNIS FEMMINILE: LO SFOGO DELL’EX CAMPIONE
Adriano Panatta vs tennis femminile: si può intitolare così lo sfogo che l’ex campione romano ha indirizzato a tutto il movimento Wta, nel commentare sulla Rai la grande vittoria di Jasmine Paolini agli Internazionali d’Italia. A proposito, diciamolo subito: nel “j’accuse” panattiano la tennista lucchese rimane esclusa, vuoi per cameratismo e/o patriottismo o perché davvero Adriano è convinto che Jasmine sia qualcosa di diverso; “lei pensa e fa giocare” ha detto della Paolini, ma per il resto l’attacco è stato duro nei toni e nelle idee, verrebbe da dire in pieno stile Panatta perché il personaggio lo conosciamo, è uno che non le ha mai mandate a dire e non si è risparmiato nemmeno ieri.
Provando a riassumere, Adriano Panatta ha detto, prendendo ad esempio la prestazione di Coco Gauff nella finale al Foro Italico, che le tenniste giocano tutte allo stesso modo: tirano fortissimo senza preoccuparsi di altro, sono programmate per giocare sul cemento ma, poiché esistono le altre superfici, meglio sarebbe che creassero “un circuito solo cemento per queste tenniste”, ma in questo sport ci sono la rete e le righe e dunque bisogna saper giocare a tennis.
Cosa dire di questo sfogo di Adriano Panatta? Francamente, poco: nel senso, le opinioni restano tali e queste parole dell’ex campione azzurro rientrano in questa sfera soggettiva. Per quanto autorevole sia il pensiero, e per quanto naturalmente ci siano delle prove a riguardo (le partite di tennis, naturalmente), non è affatto detto che altri ex giocatori possano arrivare a dire qualcosa di contrario, ovvero che nel circuito femminile esiste una varietà di gioco interessante o che, comunque, il fatto che le campionesse di oggi abbiano una potenza di tutto rispetto non sia necessariamente un male (perché, appunto, il tema rimane quello, ovvero che Panatta ne parla in maniera ampiamente negativa).
Del resto, “tira solo forte” è un commento che ha accompagnato praticamente tutta la carriera di una come Serena Williams, il cui curriculum e palmarès sono impressionanti ma che, da più parti (e non siamo troppo lontani dalla verità), veniva tacciata di dominare il tennis femminile solo perché capace di tirare colpi a velocità e potenze sconosciute alle avversarie.
IL TENNIS FEMMINILE E IL PASSATO
Ora, il tennis femminile è davvero così? Si potrebbe dire che la deriva sia diventata questa, ma attenzione: Panatta fa un paragone con gli uomini e dice che i grandi campioni Atp sanno vincere su tutte le superfici; ecco, iniziamo allora a entrare nel tema del ragionamento. A opinione di chi scrive: sì, il tennis femminile oggi (ma in realtà da qualche anno) si è uniformato verso un gioco a fondo campo e quasi in un braccio di ferro a chi sbaglia prima. La semifinale agli Internazionali d’Italia, quella tra Gauff e Qinwen Zheng, è stata emblematica: la statunitense ha commesso oltre 15 doppi falli e in generale, per quanto sia stato divertente il match, è stato caratterizzato da parecchi errori gratuiti e anche banali.
C’è un però: anche il tennis maschile ha preso da tempo questa deriva, e anche leggende come Novak Djokovic o Andy Murray hanno fatto della resilienza da fondo il loro marchio di fabbrica. Non solo, Roger Federer – che per praticamente tutti rappresenta la vera estetica del tennis – a rete si è visto davvero poco, tanto da stupire parecchie persone quando, nell’epoca in cui ha collaborato con Stefan Edberg, lo si è visto esibirsi in serve & volley per provare qualche variazione sul tema.
Il discorso di Panatta vs tennis femminile non va poi troppo lontano da quello che stiamo vedendo in altri sport, e in una dinamica generale abbastanza acclarata: i campioni del passato, o semplicemente il pubblico che ha potuto seguire le generazioni precedenti, “accusa” (virgolettato d’obbligo) una nostalgia di fondo per un gioco che non è più lo stesso. Esistono pagine sui social network in cui si dice, a torto o a ragione, che oggi Johan Cruijff segnerebbe cinque gol a partita e varrebbe mezzo miliardo di euro e, per contro, gente come Kylian Mbappé o Jude Bellingham negli anni Settanta sarebbe costantemente in panchina.
Possiamo dire che sia vero? A ognuno il proprio giudizio; sicuramente nel corso della storia gli sport cambiano per vari fattori. Tecniche di allenamento, strumenti del mestiere più evoluti, banalmente la possibilità di ridurre i tempi negli spostamenti da un torneo all’altro e da una partita all’altra. Panatta, lui stesso, racconta un aneddoto di una serata folle a Montecarlo in compagnia di Ugo Tognazzi e Paolo Villaggio, poche ore prima di giocare una finale; le autobiografie di John McEnroe, Ilie Nastase e qualcun altro traboccano di nottate epiche nei club in cui, diciamola così, l’attenzione allo stato di forma veniva messo in secondo piano.
Oggi le cose sono cambiate, a partire dal fatto che almeno i migliori giocatori sono seguiti da team che arrivano in doppia cifra; Qinwen Zheng per esempio si porta dietro uno chef personale. Ma è appunto il discorso dei tempi che cambiano a essere generale: Dennis Rodman, che non ha certo bisogno di presentazioni, dice di LeBron James che il suo gioco è quello di andare dritto come un treno senza avere alcuna mossa particolare. È davvero così o è semplicemente un voler affermare che a quei tempi i giocatori erano più forti? Attenzione, perché il tema è diffuso come abbiamo già detto: questo però non significa che sia necessariamente un male, o che le cose siano peggiorate.
PANATTA HA RAGIONE?
Stiamo sul tennis: intanto, non si può generalizzare perché giocatrici come Aryna Sabalenka e Iga Swiatek non sono esattamente immobili sulla riga di fondo ad aspettare che sbagli l’avversaria; in più, se si prova a guardare qualche partita del passato, c’è la costante sensazione che si vada al rallentatore e che sia una sorta di palleggio di riscaldamento. Ora, non è così: Chris Evert ad esempio non faceva quasi mai passi avanti per entrare in campo, ma chi ci ha giocato contro dice che le palle che tirava erano sempre diverse, per effetto e potenza, e non c’era mai un colpo uguale all’altro. Così anche nel calcio: riguardatevi qualche finale dei tempi, si arrivava al limite dell’area quasi indisturbati e i ritmi parevano quelli delle partite del giovedì.
In conclusione, ci sentiamo di dire che Panatta parta da basi solide e reali nel dire che il tennis femminile sia tutto uguale, ma anche questo non sia necessariamente un male: semplicemente sono cambiate tante cose a partire naturalmente dalle racchette di legno che non si usano più, e sicuramente ci sono delle differenze all’interno del circuito.
Vero che tante giocano allo stesso modo, vero che nel tennis femminile i rapporti di forza sono davvero minimi e chiunque può fare strada, ma questo aggiunge sicuramente pepe alle competizioni e, diciamolo a costo di sembrare impopolari, questo probabilmente ha permesso a giocatrici come Sara Errani prima e Jasmine Paolini poi di avere una bellissima carriera e arrivare nella Top Ten. Questo a meno di dire che solo loro sanno giocare a tennis in un mondo di repliche e scarsa attitudine alla variazione: per noi, le cose non stanno esattamente in questo modo.