Paolo Crepet riflette sulla violenza tra i giovani
Paolo Crepet in una recente intervista rilasciata a Libero ha riflettuto sulla dilagante violenza tra i ragazzi e i ragazzini, parte di una generazione che sembra sentirsi sempre più a disagio con se stessa e con gli altri. Secondo lo psichiatra non si tratta di inconsapevolezza rispetto alle conseguenze delle loro azioni perché “tutto possiamo dire tranne che un ragazzo non sia consapevole di quello che sta facendo”.
A pesare, secondo Paolo Crepet, sulle spalle dei ragazzini sempre più violenti “è l’indifferenza, quella che accompagna da molti decenni le generazioni giovani”. I ragazzi, spiega, “sfidano la vita perché non la conoscono. Ma non è una cosa di oggi”, è radicata nell’intera storia umana. “Io non sto dicendo che sia normale”, ci tiene a precisare Paolo Crepet incalzato dal giornalista, “non c’è niente di normale in questi comportamenti perché la normalità non esiste, però un comportamento di rischio per sé e per gli altri c’è sempre stato”. Seppur, però, sia un comportamento noto nei giovani, in questo ultimo periodo qualcosa è successo nei ragazzini, e “la pandemia ha rappresentato un cambio di marcia evidente”.
Paolo Crepet: “Siamo noi l’esempio per i giovani”
“Noi adulti abbiamo fatto molti errori“, ritiene Paolo Crepet parlando della deriva violenta dei giovani, per esempio rinchiuderli “per un anno e mezzo dentro casa”. “C’è stato”, dopo la pandemia, “un incremento di rabbia, contro se stessi e gli altri”, e sono aumentati anche “i casi di autolesionismo” perché “preferiscono il dolore fisico a quello mentale“.
Ad incidere sui giovani, insomma, secondo Paolo Crepet ci sarebbero state diverse varianti negli ultimi anni, tra cui anche “l’esposizione della violenza”. Ma il punto principale, avverte, è che “noi siamo il loro esempio” e “la violenza non è altro che il riflesso delle nostre non-passioni. Non possiamo eludere questa piccola responsabilità. Noi adulti siamo esempi per i nostri ragazzi, positivi e negativi. Se siamo noi i primi ad abdicare alle passioni, è chiaro che loro cresceranno con la consapevolezza che le passioni non esistano”. “Se i ragazzi vivono in un contesto dove non captano messaggi positivi”, conclude Paolo Crepet, “e sentono solo parlare di drammi e catastrofi, penseranno di vivere in un mondo inguaiato e l’unica scappatoia che hanno è quella di chiudersi in camera da letto, interconnessi. Una sorta di rifugio per eludere una realtà che non offre modelli positivi“.