Il Santo Padre Leone XIV ha recentemente incontrato i membri delle agenzie della ROACO (Riunione delle opere per l’aiuto alle Chiese Orientali), alle quali ha espresso gratitudine per il loro lavoro e la sua preoccupazione a proposito delle persecuzioni in Oriente: “Vi prego, col cuore in mano, di fare sempre tutto il possibile per aiutare queste Chiese, così preziose e provate. La storia delle Chiese cattoliche orientali è stata spesso segnata dalla violenza subita […] oggi la violenza bellica sembra abbattersi sui territori dell’Oriente cristiano con una veemenza diabolica mai vista prima”.
Una veemenza diabolica che si è vista nel recente attacco a Damasco, di cui è stata vittima la comunità della chiesa greco-ortodossa di Sant’Elia, dove sono morti decine di fedeli; l’attacco ha inoltre provocato numerosi feriti.
Oltre alla preoccupazione per la sicurezza dei cristiani e per il diritto alla libertà di culto (diritto fondamentale dell’uomo e a lui intrinseco), si teme che l’effetto di questo attacco sia quello di una moltiplicazione della diaspora dei cristiani, in atto ormai da anni.
In Medio Oriente continua dunque a esistere e soffrire una Chiesa martire, il cui sangue non può che interrogare il mondo intero: i cristiani d’Occidente e la loro “sete di Dio latente ma presente”, come ha detto Leone XIV, ma anche coloro che a Cristo non credono.
Che senso ha rimanere se non per fede? Abitare quei luoghi è dunque un atto di testimonianza: “Grazie, fratelli e sorelle, per la testimonianza che date soprattutto quando restate nelle vostre terre come discepoli e come testimoni di Cristo”.
Davanti a guerre che si espandono a macchia d’olio, confermando l’esistenza del conflitto che Francesco aveva definito come “terza guerra mondiale a pezzi”, non si arrestano le persecuzioni alle varie comunità cristiane, come accaduto anche in Nigeria, pochi giorni prima che a Damasco: “Il 13 giugno scorso, nello Stato nigeriano di Benue, miliziani armati hanno massacrato circa 200 cristiani al grido ‘Allahu Akhbar’, prima di colpire indiscriminatamente e appiccare il fuoco agli edifici” (Aiuto alla Chiesa che soffre).
Il Santo Padre ha ricordato il triste evento nell’angelus di due giorni dopo, parlando di “terribile massacro” e ricordando come le comunità cristiane dello Stato di Benue siano state incessantemente vittime della violenza.
Dunque gli attacchi alle comunità cristiane, cioè alla Chiesa, continuano incessanti, provocando sofferenza a tutta la Chiesa, rendendo allo stesso tempo evidente la caratteristica della vera comunione ecclesiale: “Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo” (1Cor 12,12).
Dunque una comunione che, partendo da Cristo ed essendo di Cristo, rende comune, cioè di tutti, la sofferenza dei fratelli: “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui” (1Cor 12,26).
Ma cosa fare dunque mentre il sangue dei martiri continua a scorrere sulla terra? Ancora la voce del Papa: “Oltre a sdegnarci, ad alzare la voce e a rimboccarci le maniche per essere costruttori di pace e favorire il dialogo, che cosa possiamo fare? Credo che anzitutto occorra veramente pregare”.
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