LA (DURA) LETTERA DEL VATICANO SUI MIGRANTI USA: APPELLO AI VESCOVI AMERICANI PER UNA “RESISTENZA” AI DECRETI TRUMP
Non è certo la prima volta che Papa Francesco fa sentire la sua personale opinione sul tema dei migranti e delle potenziali “deportazioni” alla frontiera: fa specie però che invii una lettera come quella pubblicata oggi dal Vaticano – con destinazione la Chiesa Episcopale americana – appena pochi giorni dopo la firma alla Casa Bianca degli ordini esecutivi sui rimpatri (traduzione esatta dall’inglese “deportation”) da eseguire su larga scala alla frontiera sud col Messico. Uno dei temi caldi su cui Donald Trump ha vinto le Elezioni americane è proprio il contrasto all’immigrazione clandestina, unita alla tentata abolizione dello ius soli di diritto: se già prima del voto la Chiesa Usa aveva espresso perplessità sulle proposte dei Repubblicani, ora è conclamata la critica netta all’Amministrazione Trump arrivata niente meno che dal Vaticano.
Nella lettera scritta da Papa Francesco ai vescovi degli Stati Uniti, diretti da Mons. Broglio, viene rilanciato l’appello per una sorta di resistenza “bianca” a quanto potrebbe avvenire nei prossimi mesi dopo i decreti di Trump estati subito in funzione: facendo riferimento alle storie bibliche dei popoli ridotto in schiavitù, il Santo Padre rileva come la dottrina sociale della Chiesa impedisca un trattamento disumano per chi è in fuga dalla propria terra, già di suo un dramma che non dovrebbe avvenire. «Gesù Cristo, amando tutti di un amore universale, ci educa al riconoscimento permanente della dignità di ognuno», senza alcuna eccezione: Papa Francesco scrive ai vescovi Usa di star seguendo attentamente le decisioni degli Stati Uniti sui migranti, esprimendo forte dissenso per le misure che rendono uguale lo status di “illegalità” con quello di “criminalità”. Tradotto, non tutti i rifugiati in arrivo verso gli Usa sono da considerare criminali o ladri, o peggio ancora: se da un lato la Chiesa Cattolica però invita a rispettare sempre la dignità umana che sottende il destino di ogni persona anche dei tanti migranti ala frontiera Usa, dall’altro è preoccupazione di Papa Francesco nel ricordare come ogni Paese abbia il sacrosanto diritto alla difesa con il controllo dei confini per non far entrare chi abbia commesso crimini violenti.
DA DOVE NASCE LA LETTERA DI PAPA FRANCESCO E PERCHÈ LA CHIESA È TUTT’ALTRO CHE “UNITA” SUL TEMA MIGRANTI
Scagliandosi però con orza sulle decisioni della Casa Bianca – pur se mai citata direttamente – la lettera della Santa Sede definisce non dignitoso e moralmente sbagliato arrivare a deportare altre persone che in molti casi avevano già abbandonato le proprie terre per svariati motivi (povertà, crisi ambiente, sfruttamento o persecuzione). Papa Francesco su questo non fa eccezioni; la deportazione (anche se, lo ripetiamo, la tradizione in italiano è inesatta rispetto al concetto espresso negli Stati Uniti) è lesiva della dignità umana e pone i migranti stessi in stato continuo di “vulnerabili” e “incapaci di difendersi”.
La Chiesa di Roma invita la “gemella” americana a non spegnere i riflettori su una vicenda, quella migratoria, che non può accettare politiche e norme che non si fondino sulla dignità della persona: tutti i cristiani sono chiamati a riflettere su questi temi, spiega il Papa, mentre uno Stato di diritto come l’America deve farsi carico di accogliere, proteggere e integrare i più vulnerabili. Sebbene questo non significhi “allargare le maglie” ad una migrazione illegale e disordinata, lo sviluppo delle politiche migratorie deve giungere ad un futuro di assoluto rispetto dell’integralità umana di ogni persona che si trovi nelle intenzioni di fuggire dalla propria terra d’origine: solidarietà, fratellanza, accoglienza e promozione dei diritti umani fondamentali, e soprattutto l’appello ad evitare «muri di ignominia e a imparare a dare la nostra vita così come l’ha data Gesù Cristo per la salvezza di tutti».
La Chiesa americana già prima delle Elezioni si era espressa con preoccupazione per le politiche sull’immigrazione del candidato Donald Trump, così come si è confermata in alcuni presuli eminenti anche dopo la vittoria alla Casa Bianca: non tutti però la pensano nello stesso modo, come rilevato di recente dall’ex vescovo di Tyler Strickland o anche dall’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. Muller. Una parte della Chiesa “conservatrice” ritiene che il tema dei migranti sia importante ma non “allarmante” come invece denuncia il Vaticano e la parte di vescovi più “progressisti”: al di là dello scontro ideologico che purtroppo spesso preclude ad un dialogo franco e pragmatico sui temi importanti e delicati dell’attualità, resta una divisione netta sia dentro che fuori alla Chiesa cattolica americana. Dopo la lettera però giunta oggi dal Vaticano, intanto è il Governo americano a replicare con le parole schiette del responsabile alla frontiera sud nominato da Trump subito dopo l’insediamento: «Il Papa vuole attaccarci perché proteggiamo i nostri confini? Ha un muro attorno al Vaticano, giusto?», attacca Tom Homan, il cosiddetto “zar sui confini” nominato per le sue politiche molto aggressive contro l’immigrazione irregolare. Intercettato fuori dalla Casa Bianca con alcuni giornalisti, il responsabile di Trump si chiede perché allora non possa esserci un muro chiaro e verificato attorno agli Stati Uniti, oltre ad invitare il Vaticano a concentrarsi sulla Chiesa «e lasciare che ci occupiamo noi dei confini».