L’AVVENTURA CRISTIANA E LA GIOIA DI ANNUNCIARE IL DIO VIVENTE: COSA DICEVA IL CARDINALE PREVOST NEL 2023
Lo stiamo imparando a conoscere e già dai primi due discorsi Papa Leone XIV colpisce per la profondissima eredità religiosa e teologica, unita al desiderio di annunciare il Vangelo di Cristo, di farsi “piccolo” – come ha detto oggi nell’omelia della prima messa in Cappella Sistina – per poter “esaltare il Signore Dio vivente”.
Eppure già negli scorsi anni, con le interviste in Vaticano dovute al suo lavoro come Prefetto del Dicastero per i vescovi, erano “seminati” gli “indizi” di una forte concezione di missione cristiana e di unità della Chiesa: nel colloquio publicato oggi dall’Avvenire, ma risalente al 2023 dopo l’ordinazioni di 21 nuovi cardinali (che tra l’altro hanno partecipato al Conclave 2025), il cardinale Robert Francis Prevost definiva una grande «avventura» l’essere «seguace di Cristo».
Si intenda bene, Papa Leone XIV è tutt’altro che un animo espansivo e “scalmanato”, è schivo e piace l’intimità della fede e dei rapporti, ma sempre con in testa la testimonianza del Dio vivente come punto cardinale: obbedendo alla richiesta di Papa Francesco di guidare la missione del Dicastero sui vescovi mondiali, anche in quell’occasione il primo pensiero fu quello di pregare il Signore per concedergli la grazia di portare a termine la missione, come ha detto anche alla Benedizione Urbi et Orbi dopo l’elezione.
La guida dei vescovi mondiali, prima la guida delle missioni in Perù, punto di riferimento dell’ordine degli Agostiniani e ora guida dell’intera Chiesa mondiale: eppure tutto sempre vissuto come “la grande avventura della sequela a Cristo”. Fa impressione leggere ora la sua descrizione su cosa serva per essere un buon vescovo, sembra infatti l’identikit che i cardinali avevano delineato prima del Conclave: «Essere un buon pastore significa essere in grado di camminare fianco a fianco con il popolo di Dio e vivere vicino a loro».
IN COSA CONSISTE LA MISSIONE DI CRISTO PER IL NUOVO PAPA LEONE XIV
Essere un buon vescovo, un buon Papa, è vivere in costante relazione con il Dio vivente, con il Cristo che vive nel corpo della Chiesa da oltre duemila anni: «serve vivere con il Popolo di Dio in un modo che riflette la compassione e l’amore di Cristo, creando comunità». È un vivere di sinodalità, come insegnava Papa Francesco, ma vi è un tratto ancora più importante nel definire cosa serva realmente per guidare la fede cristiana nel mondo di oggi, che spesso preferisce l’odio, il disprezzo e la derisione verso chi crede.
Come spiegava il cardinale Prevost due anni prima di essere eletto Papa Leone XIV, il buon vescovo deve prima di tutto «proclamare Gesù Cristo e vivere la fede in modo che i fedeli vedano nella sua testimonianza un incentivo» per essere sempre più comunità, sempre più parte attiva della Chiesa che il Figlio di Dio ha fondato e di cui è il “capo”. Insomma, per Prevost la guida delle “pecorelle” non è altro che aiutare le persone facendo conoscere attraverso quell’incontro la presenza e il dono di Cristo.
Non vi è altra missione nella Chiesa se non quella di Gesù, ovvero quella di annunciare la Verità tramite l’incontro con il Dio vivente: prima di ogni obiettivo umanitario, dottrinale e geopolitico, questo è il vero messaggio che la Chiesa di Cristo deve annunciare al mondo, «Dobbiamo annunciare la buona notizia del Regno di Dio», altro elemento imparato da Priore Generale degli Agostiniani, dopo la costante sequela a Cristo nella preghiera di tutti i giorni. Tutto proviene da questa missione, anche la stessa potenziale crescita delle vocazioni in un mondo che sembra aver dimenticato Dio: «Quando continuiamo a camminare con Cristo, in comunione gli uni con gli altri, in quell’amicizia con il Signore la vocazione cresce».