«In milioni sembrano aver realizzato, in tutto il mondo — come diceva mio padre — che ci troviamo di fronte alla feroce urgenza dell’“adesso”»: così parla Bernice Albertine King, figlia del grande attivista afroamericano Martin Luther King assassinato il 4 aprile 1968 dopo anni di battaglie contro la segregazione razziale dell’America degli anni Cinquanta e Sessanta. L’Osservatore Romano e Vatican News, dopo il caos generato nel mondo per l’uccisione dell’afroamericano George Floyd hanno raggiunto la figlia del pastore e attivista, presidente King Center di Atlanta in vista della “Juneteenth”, la giornata che commemora la fine della schiavitù il 19 giugno 1865. Nella lunga intervista rilasciata ai media vaticani, la figlia di Martin Luther King sottolinea la grande vicinanza di spirito e ideali che unirebbe suo padre e Papa Francesco, un personaggio incontrato già due volte in Vaticano dall’inizio del suo Pontificato: «Credo che questa volta le reazioni e le risposte saranno più ampie e più appassionate, e ci saranno moltissimi bianchi, più che mai rispetto a prima, che si uniranno alle proteste. Se saremo sempre più uniti e concentreremo la nostra attenzione su obiettivi strategici, sicuramente riusciremo ad essere più efficaci per la causa della giustizia», sostiene Bernice rispetto al dramma del “razzismo” presente purtroppo ancora oggi non solo negli States.
“PAPA E M.L.KING UNITI DALLO STESSO SOGNO”
«I Have a Dream», diceva 57 anni fa Martin Luther King immaginando un mondo senza più il razzismo e senza più le ingiustizie tra gli uomini: secondo la figlia Berenice oggi suo padre «credo si farebbe guidare dalla sua filosofia della non violenza, che era in linea con la sua sequela di Cristo. Credo che ci ricorderebbe come siamo arrivati a questo punto, la storia di violenza, razzismo e ingiustizia che pervade la nostra nazione e quella che lui chiamava la “casa del mondo”».
Non solo, per la amata figlia Bernice l’invito di quel “sogno” sarebbe ancora più ampio «Sicuramente credo che ci solleciterebbe ad abbracciare la nonviolenza, perché questa è strategica, coraggiosa, incentrata sull’amore e organizzata, al fine di costruire la Comunità dell’Amoree questo comprende lo sradicamento di quello che lui definiva il “Triplice Male”, e cioè il razzismo, la povertà e il militarismo».
Su questo tema, la vicinanza tra il Santo Padre e Martin Luther King è importante, dice ancora la figlia: «Sono d’accordo con Papa Francesco: la violenza porta solo all’auto-distruzione. I mezzi che usiamo devono essere coerenti con il traguardo che vogliamo raggiungere, e se quel traguardo è la pace, certamente non possiamo ottenere la pace con metodi violenti. E questo è sicuramente in linea con il pensiero di mio padre. Lui sosteneva — perché lo credeva, come lo credo io — che “la nonviolenza è la risposta ai cruciali problemi politici e morali del nostro tempo”».
COSA SUCCEDE CON IL MOVIMENTO BLACK LIVES MATTER
«Voglio dire prima di tutto che è il rifiuto della gente di vedere che fa sì che il razzismo sistemico e istituzionale sembri invisibile. Più invece noi vogliamo vedere, e più vogliamo operare dei cambiamenti, più evidente apparirà la natura distruttiva e disumanizzante del razzismo. Credo che il primo passo per sconfiggerlo sia rifiutarci di chiudere gli occhi, e piuttosto raccogliere informazioni sull’argomento e conoscere le radici, le cause e le manifestazioni del razzismo», sostiene la figlia di Martin Luther King ancora confidando all’Osservatore Romano il suo personale sguardo alla situazione di oggi.
In merito a quella “rivoluzione della tenerezza” invocata da Papa Francesco per il mondo di oggi, il cuore della non violenza accumuna tanto la Chiesa quanto la battaglia di Martin Luther King e dei suoi eredi: «Credo che realizzare una “rivoluzione della tenerezza”, come la chiama Papa Francesco, o una “rivoluzione dei valori”, come diceva mio padre, dipende dalla misura in cui noi ci rendiamo conto che una rivoluzione di questo tipo implica un processo di consapevolezza. Dobbiamo imparare a conoscerci di più, gli uni gli altri, imparare a conoscere le condizioni dell’umanità, imparare come — per usare le parole di mio padre — «vivere insieme da fratelli e sorelle» e non morire insieme come pazzi; e imparare come impegnarci per distruggere l’ingiustizia e la disumanità senza distruggerci a vicenda».
E davanti al movimento sorto in tutto il mondo contro la violenza razzista, il Black Lives Matter, Bernice Albertine King conclude il suo pensiero «Come diceva mia madre, Coretta Scott King, la Comunità dell’Amore è una visione realistica di una società che può essere costruita, di una società in cui i problemi e i conflitti esistono, ma possono essere risolti pacificamente e senza rancore. Nella Comunità dell’Amore, la cura e la compassione guidano le iniziative politiche che sostengono l’eliminazione, a livello globale, della povertà e della fame, e di ogni forma di pregiudizio e di violenza. Se il nostro obiettivo comune, determinato e definitivo, è questo, allora credo che potremo percorrere la strada della nonviolenza per raggiungerlo».