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Home » Chiesa » Pasqua » PASQUA 2025/ Card. O’ Malley (Usa): Cristo vivo è la sola risposta al nostro male e a tutte le guerre

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PASQUA 2025/ Card. O’ Malley (Usa): Cristo vivo è la sola risposta al nostro male e a tutte le guerre

"La Pasqua, centro della storia, ci assicura che c'è vita oltre la croce, che la sofferenza ha un senso, che l'amore è più forte della morte"

Int. Sean Patrick O'Malley
Pubblicato 20 Aprile 2025 - Aggiornato alle ore 06:20
Il card. Sean Patrick O'Malley, arcivescovo emerito di Boston (Ansa)

Il card. Sean Patrick O'Malley, arcivescovo emerito di Boston (Ansa)

“La risurrezione è un evento senza paragoni, un fatto che richiede un cambiamento, una conversione del cuore. È il centro di definizione di tutta la storia”. Sono le parole che in questo giorno di Pasqua il cardinale Sean Patrick O’ Malley, frate minore cappuccino, arcivescovo emerito di Boston (Usa) e presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori, consegna ai lettori del Sussidiario.


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È solo la presenza di Cristo vivo che cambia il mondo. Proprio come accade ai discepoli di Emmaus, che “pieni di paura”, parlano con nostalgia di fatti ormai accaduti. Ma Lui si fa riconoscere, perché è vivo. La compagnia di Cristo risorto cambia, attraverso la novità di vita del cristiano, quella di tutti.

Eminenza, oggi è Pasqua. Torniamo a quella straordinaria mattina (Gv 20,1-18) dopo la catastrofe. È Maria Maddalena che parla al Signore, ma Lui non si lascia toccare. Lo farà poco dopo, con i discepoli, ma non in quel momento, perché “non sono ancora salito al Padre”. Quell’incontro ci riguarda ancora?


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La domanda che fu posta a Maria Maddalena il mattino di Pasqua è la stessa che si presenta a noi: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. C’è chi considera Gesù come uno dei più grandi personaggi della storia e l’eroe più nobile che sia mai vissuto. Questo non basta. Gesù non è una figura storica lontana, un eroe del passato o una storia da studiare.

Celebriamo la Pasqua oggi e ogni domenica perché Gesù è vivo. Il nostro Redentore vive, chiamandoci alla conversione, invitandoci a essere suoi discepoli e inviandoci in missione. Come i discepoli e gli apostoli del Vangelo, anche noi siamo in viaggio, alla ricerca del senso della nostra vita e del cammino che ci porterà a Dio e alla salvezza. Gesù aveva predetto che quando avrebbero colpito il Pastore le pecore si sarebbero disperse, ed è quello che è successo dopo il Venerdì Santo. Nella prima Pasqua e oggi, il Buon Pastore torna a raccogliere le pecore disperse.


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Cristo è risorto con il suo corpo. Quindi non siamo più gli stessi (1 Cor 15,51; Gal 2,20), anche se la nostra smemoratezza è grande. Dove sono queste “tracce” di vita eterna intorno a noi?

Il Signore risorto, il Buon Pastore, vuole raccoglierci nelle nostre vite disperse, nelle nostre fragilità, nelle nostre insicurezze, nei nostri fallimenti e nelle nostre delusioni; vuole assicurarci il suo amore e la sua amicizia. Il Signore risorto è con noi nella parola, nei sacramenti e nella comunità. Viene a riunirci in una famiglia, che Comunione e Liberazione rende così ben presente nel mondo di oggi… Essere discepoli del Risorto significa far parte della Chiesa, della comunità dei credenti che accetta la missione che Cristo ci ha affidato: condividere la Buona Novella che Dio ha tanto amato il mondo da inviare il suo Figlio unigenito per essere il nostro Salvatore e che Gesù ha vinto il peccato e la morte per sempre, e che lo ha fatto per noi.

Lei ha detto, in un’intervista dello scorso ottobre (2024) sul Rapporto annuale della Commissione per la tutela dei minori, qualcosa che forse ha un significato più generale: “la gente ci crederà soltanto quando sarà convinta che la amiamo”. Cosa significa questo per tutti noi, cioè per la Chiesa, oggi?

La risurrezione non è solo una notazione storica, un dato, qualcosa che si può prendere o lasciare. La risurrezione è un evento senza paragoni. È un fatto che richiede un cambiamento, una conversione del cuore. La risurrezione è il centro di definizione della storia. Conoscere Gesù, conoscere il suo amore, è una chiamata a condurre una vita migliore, a trattare gli altri con maggiore rispetto e attenzione. Conoscere la risurrezione di Gesù significa iniziare a capire che anche noi vivremo per sempre. Questo mette tutto il resto in prospettiva.

Dunque alla luce della risurrezione la nostra vita deve cambiare. Come?

Dobbiamo andare oltre il materialismo e l’individualismo della nostra cultura e abbracciare la nostra missione di testimoniare il Vangelo e rendere il regno di Dio più visibile attraverso il modo in cui amiamo, perdoniamo e siamo servitori gli uni degli altri, specialmente i poveri e i sofferenti in mezzo a noi. La risurrezione ci assicura che c’è vita oltre la croce, che la sofferenza ha un senso, che l’amore è più forte della morte.

È questa la consegna della Pasqua?

La Pasqua consiste nel condividere la Buona Novella e la gioia che il nostro Redentore è vivo. Maria Maddalena corse a dire al popolo che Egli è vivo; non trasciniamo i nostri piedi mentre corriamo a condividere la Buona Novella! Gesù è vivo. È qui, ci chiama all’amicizia, ad essere suoi discepoli e ci affida la missione di rendere la sua luce e il suo amore più visibili, più presenti agli altri attraverso il modo in cui mostriamo la nostra cura, la nostra preoccupazione e il nostro amore per loro. Gesù ci chiama a essere suoi testimoni nel mondo di oggi.

Come può il grande evento di oggi, la Risurrezione, dare un senso a un mondo segnato da guerre che sembrano senza fine?

La paura, la trepidazione e le vittime della guerra hanno accompagnato l’umanità nel corso di tutta la sua storia e, purtroppo, probabilmente saranno sempre con noi, a causa della nostra imperfezione. Nell’Orto degli Ulivi, Gesù aveva detto: “Uccideranno il pastore e il gregge sarà disperso”. Ma Gesù ha anche promesso: “Quando sarò innalzato, attirerò tutti a me”. Sulla strada per Emmaus, Cleopa e il suo compagno stavano uscendo da Gerusalemme.

Si rendevano conto che essere discepoli di Gesù poteva comportare arresti e persecuzioni, erano pieni di paura. Stavano fuggendo dal pericolo e dalla tragedia. Stavano parlando di Gesù quando, all’improvviso, si unì loro uno sconosciuto. Era il Messia, a loro insaputa. Gesù spiega il contenuto delle Scritture che si riferiscono a Lui, aiutandoli a comprendere la mano salvifica di Dio nella sofferenza e nella morte. Poi arrivano a destinazione. Quando Gesù finge di volerli lasciare, lo invitano a cenare con loro. Allora accade qualcosa di meraviglioso: i discepoli riconoscono Gesù, il Signore Risorto.

Cosa ci dice questo incontro straordinario?

L’incontro sulla strada di Emmaus è stata un’esperienza trasformativa che ha cambiato la vita di uomini disillusi e timorosi, ritiratisi dalla comunità cristiana, in gioiosi annunciatori del Vangelo. E così, siamo chiamati a superare la disillusione del conflitto, della guerra apparentemente senza fine e della devastazione che provoca. Siamo chiamati a vedere e testimoniare la presenza di Gesù nella nostra vita. Egli ci accompagna non verso la perfezione in questa vita, ma verso la promessa certa della vita eterna con Lui.

Lei ha più volte sottolineato l’importanza del dialogo interreligioso. In un’epoca in cui la religione viene strumentalizzata per fini politici, cosa significa veramente dialogare in nome di Dio?

Nel mondo di oggi dobbiamo impegnarci nella ricerca dell’unità con l’entusiasmo e l’ottimismo che caratterizzavano le nostre Chiese al tempo del Concilio Vaticano II. Il nostro miglior mezzo per rafforzare la collaborazione ecumenica e interreligiosa è iniziare con la preghiera e le buone opere. I nostri fratelli e sorelle ebrei parlano di riparazione del creato, noi cattolici di costruire una civiltà dell’amore. Dobbiamo cercare di farlo insieme ai credenti di tutte le fedi. È ciò che Cristo ci ha chiesto quando ha pregato: “Padre, che tutti siano una cosa sola, come io e te siamo una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”.

E come si realizza questa missione?

Il dialogo e l’azione nel nome del Signore devono essere incentrati sull’aiutare gli altri a sapere che siamo motivati dalle promesse di Gesù Cristo: la promessa di guidarci attraverso il suo esempio, la sua promessa di essere sempre con noi, a prescindere dai nostri fallimenti, la promessa della vita eterna per tutti. Aiuteremo gli altri a comprendere e a prendere in considerazione la nostra fede in Gesù non pretendendo che aderiscano a ciò che crediamo, ma dando loro l’opportunità di vedere la pienezza dell’amore e della misericordia di Gesù attraverso ciò che diciamo e ciò che facciamo.

(Federico Ferraù)

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