In questi giorni stiamo vivendo l’attesa sempre nuova della morte e resurrezione di Cristo. Liturgicamente, con un certo parallelismo, la festa di Cristo Re corrisponde all’ultima domenica dell’anno liturgico: una natura regale di Cristo che non viene espressa immediatamente nella gloria ma in croce (“Dal legno della croce regna il Signore”, come recitava il salmo).
È interessante notare il fatto che sia uno dei due ladri condannati alla morte di croce a riconoscere la regalità di Cristo: il buon ladrone, condannato giustamente, per sua stessa ammissione, non fa altro che riconoscere Cristo e difenderlo, come può, dagli insulti dell’altro ladro (cfr. Lc 23, 40-43).
Il suo comportamento non cambia di una virgola gli eventi, apparentemente è un gesto che non incide nella storia della Salvezza. Eppure, grazie a Disma viene mostrato che è semplicemente implicandosi con Gesù, convertendosi a Lui e poi agendo di conseguenza, nelle circostanze in cui ognuno è, perfino su una croce, che si entra in Paradiso, per la risposta a una grazia amorosa (Cristo mendicante del cuore dell’uomo, L. Giussani) che eccede i propri meriti.
Spesso invece il Paradiso viene visto come qualcosa da meritare, come una ricompensa da ottenere, quando invece, più semplicemente, è la continuazione all’ennesima potenza del rapporto con Cristo. Il punto principale diventa allora partecipare a questo rapporto.
Oltre ad essere dimostrazione di che tipo di Re è Cristo, Disma è anche la realizzazione di un annuncio che parte da lontano. Se infatti la venuta di Gesù è profetizzata da Isaia (“Un bambino è nato per noi, ci è stato donato un figlio”, Is 9,5), questa salvezza è inizialmente stata intesa come rivolta esclusivamente al popolo eletto.
È con la venuta quasi profetica dei magi da Oriente che la salvezza inizia ad acquisire un carattere più universale (cfr. Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù), eliminando quindi ogni distinzione di appartenenza a un popolo o a una razza (“Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa”, Gal 3, 26-29).
Ed è con Disma che viene espresso concretamente il fatto che l’unica cosa che davvero conta per entrare in Paradiso è il rapporto con Cristo stesso. Questo non vuol dire certo che le opere non siano importanti, ma il punto di partenza e di arrivo (“Fonte e apice di tutta la vita cristiana”, Lumen gentium, 11) rimane Gesù.
La vicenda del buon ladrone viene descritta da Dante nel Purgatorio, ad esempio, quando parla della redenzione di Manfredi, che contrariamente ai propri meriti non viene condannato all’Inferno: “Orribil furon li peccati miei;/ ma la bontà infinita ha sì gran braccia,/ che prende ciò che si rivolge a lei” (canto III).
La stessa esperienza è poi riscontrabile nel canto V, nella descrizione della salvezza di Bonconte da Montefeltro: anch’egli meritevole dell’Inferno, si salva perché in fin di vita si converte (esattamente come Disma!) invocando la Madonna, e per una lagrimetta sul volto è tolto al demonio (“nel nome di Maria fini’, e quivi/ caddi, e rimase la mia carne sola./ Io dirò vero e tu ‘l ridì tra’ vivi:/ l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno/ gridava: ‘O tu del ciel, perché mi privi?/ Tu te ne porti di costui l’etterno/ per una lagrimetta che ‘l mi toglie;/ ma io farò de l’altro altro governo!’”).
Dunque la morte in croce, via scelta da Dio per giungere a tutti, rimane un mistero: “Come potrà compiersi, dunque, la volontà di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità? Per questo il Salvatore di tutti si è consegnato per essere collocato là dove tutti passano, si è consegnato alla morte, è disceso agli inferi, è stato deposto in un sepolcro” (L’attrazione universale, veglia del 24 marzo 2015, Mario Delpini).
Un mistero che, anche grazie alla salvezza di Disma, non provoca timore ma la speranza certa che anche davanti alla morte “c’è un ingresso alla vita. Proprio di lì dobbiamo passare tutti, ma in quel passaggio spaventoso risuonerà per tutti una parola: oggi, con me, in Paradiso!” (M. Delpini). Buona Pasqua.
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