La pensione con 5 anni di contributi non è un'opportunità per tutti, ma può esser goduta da una cerchia specifica.
Anche se andare in pensione con soli 5 anni di contribuzione può sembrare impossibile, in realtà questa opportunità può essere goduta da un gruppo di beneficiari specifici. Con esattezza, possono trarne beneficio i cosiddetti “contributivi puri“, ovvero coloro che non hanno maturato contribuzione previdenziale prima del 1° gennaio del ’96.
Il motivo dell’anno fa riferimento alla riforma Dini, la stessa che, dopo il ’95, ha introdotto il sistema a ripartizione contributiva, differenziandolo da quello retributivo, in cui la pensione si calcolava prevalentemente sull’ultima retribuzione percepita prima dell’uscita dal lavoro.
Pensione con 5 anni di contribuzione riservata ai puri
Chi va in pensione con soli 5 anni di contribuzione può ritenersi “fortunato”, ma anche la cerchia di coloro che ne sono beneficiari è ristretta, dato che, come abbiamo detto, spetta ai contributivi puri, che non devono aver accreditato neanche una settimana di contribuzione prima del 1996.
In alternativa, anche chi ha maturato anche un solo anno di contribuzione fino al 31 dicembre del 1995, e ha optato per l’iscrizione alla Gestione Separata, può raggiungere il requisito previdenziale, purché abbia versato 15 anni complessivi di contribuzione (un anno prima del ’96 e almeno 5 successivamente).
Le condizioni sono descritte nel Decreto ministeriale numero 282, risalente all’anno 1996, e poi riprese nella circolare 184 del 2015, pubblicata dall’ente previdenziale.
I requisiti, sostanzialmente, sono soltanto due: il primo riguarda i 5 anni di contribuzione effettiva e non figurativa, dunque forme come la Naspi, bonus o riscatti non sono ammessi; il secondo è l’età anagrafica, che deve essere almeno di 71 anni.
Andare in pensione con soli 5 anni di contribuzione: qual è l’importo che spetta?
Uscire in pensione avendo versato soltanto 5 anni di contribuzione prevede un meccanismo ben preciso. I periodi in questione (cinque) tengono in considerazione il reddito annuo lordo, che determinerà il montante individuale, che a sua volta – dal primo accredito della prestazione previdenziale – verrà convertito in rendita tramite il coefficiente di trasformazione.
Dunque, con un esempio pratico, avremo: 25.000 € di RAL per ogni anno lavorato (5 complessivi), contribuzione annua corrispondente a 8.250 € e montante totale pari a 41.250 €.
Tenendo conto del coefficiente aggiornato, al momento al 6,510%, l’importo lordo annuo è 2.685 €, che corrisponde a 207 € mensili (per 13 mensilità). Tuttavia, verrebbero penalizzati i cittadini che hanno lavorato poco o con contratti a tempo parziale, visto che l’importo potrebbe essere inferiore a 150 € mensili e senza diritto all’integrazione al minimo.